That song made my day

MOSES SUMNEY “Lonely World” da “Aromanticism” (2017) [Jagjaguwar]

Di certo ci saranno un nome preciso e una nutrita letteratura scientifica per la sindrome che ti porta (talvolta contro la tua stessa volontà) ad essere ossessionato da qualcosa o qualcuno: in questa rubrica ci si occupa del caso in cui ad ossessionarti, nel bene o nel male, sia una canzone.

Le modalità con cui può capitare di imbatterci in una canzone possono essere le più diverse, ma in linea di massima spesso è la canzone a scegliere noi.

Il caso di cui ci occupiamo in questa sede risale a qualche mese fa, durante una di quelle sessioni di ricerca e ascolto che ti portano da un capo all’altro del mondo (e dei generi musicali) nel giro di qualche ora: Moses Sumney, chi era costui? Mai sentito nominare, ne sono certo, eppure fin dalla partenza della song siamo già amici: una voce personale e intensa, presto supportata da falsetti e voci pitchate mentre delicate ombre ritmiche conducono al sontuoso ingresso della batteria che diventano un unicum con le voci fino a condurre ad un apice emozionante che lancia una esplosione che non vi sarà mai, ma che ti tiene col fiato sospeso e il cuore in gola.

Sarà il primo di una lunga serie di play, e ad ogni ascolto la canzone di svela sempre con nuove sfumature, generosa di piccoli dettagli che necessitano ripetuti ascolti per essere colti, e sempre sincera come la prima volta.

Degno di nota anche il bellissimo video, dove Moses si trova alle prese con una misteriosa creatura acquatica apparentemente in fin di vita: il suo tentativo di salvarla e assicurarla al mondo terreno porterà invece lui a soccombere ed essere accolto, suo malgrado, dal mortale abbraccio del mare in tempesta.

Il quadro della mia ossessione per “Lonely World” si completa qualche mese dopo, ed in particolare a novembre scorso, quando mi capita di vedere Moses Sumney dal vivo a Milano all’interno di Linecheck festival: nel frattempo mi sono documentato e so che è californiano, di origini ghanesi e che tra i contatti preferiti della sua rubrica telefonica ci sono Beck, Sufjan Stevens, Solange, Dirty Projectors. Non male.

La versione live di Lonely World è intensa e speciale: la ridotta formazione in trio non ne penalizza la profondità, anche grazie alla sciamanica presenza di Sumney, che a soli 27 anni si muove sul palco come un veterano che non ha null’altro da pretendere se non mostrare la sua gioia e gratitudine per il fatto di trovarsi lì a fare ciò per cui è stato messo su questo pianeta.

In una routine che quotidianamente ci abitua alla mediocrità e all’appiattimento è bello ed emozionante trovare perle rare come questa, e perché no godersele fino allo sfinimento.

Lyrics

Lonely, lonely, lonely, lonely, lonely world

Casts a shadow on the shallow love it hurls

To the feet of swine it need not cast its pearls

Lonely, lonely, lonely, lonely, lonely world

And the sound of the void

Flows through your body

Undestroyed

And the sound of your voice

Flows from your body

White as noise

And the void speaks to you

In ways nobody speaks to you

And that voice fills the air

Fog in the morning, going nowhere

Lonely, lonely, lonely face under a veil

After all the laughter emptiness prevails

Born into this world with no consent or choice

Lonely lonely lonely lonely lonely lonely lonely lonely lonely…

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