Throwbacktime

The Lamb Lies Down On Broadway

By aprile 10, 2018 No Comments

Chissà cosa sarebbe successo se alla fine del tour di The Lamb Lies Down On Broadway non avesse lasciato i Genesis al loro destino. Che cosa sarebbe stato di loro? Si sarebbero trasformati, come poi è avvenuto, in un tranquillo gruppo pop oppure avrebbero assecondato la nuova corrente che cominciava a scorrere nei sotterranei della musica inglese? Certo è che né i Genesis, né Peter Gabriel solista riusciranno a produrre qualcosa di simile a the Lamb , un disco che rimane un episodio isolato nella loro discografia.

Di sicuro, con Peter ancora in formazione, non ci sarebbe stato più posto per Unifauni e visioni di angeli, e di sicuro la temibile dodici corde di Rutherford sarebbe stata appesa alla parete.

Certo, è vero, the Lamb è un album concept, termine terribile -già a sentirlo ti mette ansia -che ha funestato buona parte della musica prog degli anni sessanta e settanta. Ma sinceramente:  riuscite a  paragonarlo a mattoni come Tales of Topographic Oceans degli Yes o crimini contro il buon gusto come A Passion Play dei Jethro Tull? Perché una cosa si può affermare senza paura di essere smentiti: The Lamb sta al Prog come la Lambada sta al Tropicalismo di Caetano Veloso.

Semmai, se proprio si vuole forzare il paragone, è a dischi come Berlin di Lou Reed, che si deve guardare, anche se mentre Reed vi offre una discesa agli inferi reale, corredata dal conforto di sesso alcool e droghe, P. G., che è sempre stato un bravo ragazzo, si avventura in una storia influenzata da un esoterismo alla Jodorowsky che poco ha a che fare con la violenza metropolitana del primo.

The Lamb è un disco imperfetto, prolisso – forse sarebbe stato meglio sforzarsi e ridurlo a un solo disco, invece del doppio che ne è uscito fuori –  prodotto male, con alcune parti musicali riversate direttamente da nastri vari. Ma è proprio la sua imperfezione, specie se paragonata all’esercizio di bella calligrafia che era Selling England By The Pound, che l’ha fatto apprezzare da chi il prog non l’ha mai sopportato. In ogni caso è da prenderlo nel suo complesso, accettando con rassegnazione le parti più datate (credetemi, ce ne sono parecchie).

Il trittico iniziale ha ben poco da invidiare agli affreschi acidi di gente come lo Springsteen che verrà. È la vittoria della sostanza di Gabriel, che lavorò in quasi solitudine ai testi, rispetto alla forma della ditta Banks/ Rutherford, con Phil Collins che prende appunti e si scalda in panchina.  La chitarra di Hackett (un giorno qualcuno riconoscerà la sua classe) abbandona i colori a pastello degli album precedenti e come un collo di bottiglia spezzato si occupa di sfregiare più che di decorare. E anche laddove ne esce fuori qualcosa di rassicurante o romantico, come in the Carpet Crawlers, è solo un momento minore, che non ha nulla della pretenziosità di quell’affresco rinascimentale che è Firth of Fifth. Per quanto riguarda il reazionario del gruppo, il talebano Tony Banks, in brani come In The Cage o The Colony of the Slippermen, troviamo un uso diverso delle tastiere,  meno tappeti sonori e più lame che si infilano negli interstizi delle canzoni.

Gente come i Simple Minds di sicuro ne prenderanno nota.

Certo la New Wave è ancora da venire. È solo un’idea, o forse meno, nella mente di gente come Eno e Bowie, ma qui troviamo, nascosti ma non troppo, i primi segnali di cambiamento che travolgeranno i dinosauri del Rock.

The Lamb rimane una felice (?) anomalia della musica degli anni settanta. Da quel momento il Prog o si riciclerà nel già sentito, con pochissime eccezioni (pensiamo ai King Crimson di Lark Tongue in Aspic o al Robert Wyatt di Rock Botton) oppure asseconderà le classifiche traghettando verso lidi di sicuro più tranquilli ma meno stimolanti.

I Genesis, orfani del loro cantante (come si dice in questi casi), scopriranno che ne hanno uno in formazione che canta come o forse meglio e  si rifugeranno nelle rassicuranti certezze di album , ineccepibili sul piano formale, ma fuori tempo massimo, come  The Trick of the Tail e Wind & Wuthering, mentre Peter Gabriel abbandonerà i suoi compagni di liceo per un viaggio in avanti che non prevede nessun ripensamento e dopo un anno di riflessione pubblicherà il suo primo disco solista, che tra parecchie incertezze, e alcuni rimandi proprio a The Lamb, mostra le prime tracce di quella che sarà la sua felice carriera solista.   

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