Tre anni fa, i Young Fathers erano sicuramente in cima alle preferenze di molti degli addetti ai lavori, divorando premi, lodi, critiche e riuscendo in poco tempo ad avere un grandissimo seguito, incluso il supporto dei loro antenati degli anni Novanta, i Massive Attack.
Il trio composto da Alloysious Massaquoi, Kayus Bankole e ‘G’ Hastings aveva pubblicato il loro ultimo album “White Men Are Black Men Too” forse troppo rapidamente dopo l’album di debutto vincitore del Mercury Prize. Comparvero all’improvviso, volarono direttamente in cima e rimasero lì, anche di fronte ad un logorio temporale che avrebbe ucciso molti altri artisti minori.
Il fatto che il trio di Edimburgo questa volta abbia impiegato molto più tempo rispetto al loro ultimo disco, non ha influito sul loro potere di rimanere in cima. Anzi, è immediatamente chiaro che il tempo dedicato a “Cocoa Sugar” è stato tempo ben speso.
Si tratta di un disco molto più snello e corazzato rispetto alle loro ultime produzioni, che rimane altrettanto essenziale e sincero, con pochi compromessi.
Dodici tracce in cui i Young Fathers volano di fronte ad una miriade di generi – pop, indie, hip-hop, punk – e li attraversano tutti elegantemente.
In definitiva, i Young Fathers continuano a dimostrare il loro valore come qualcosa di anomalo nell’arte-pop britannica. Il loro vero e proprio melting pot di identità continua ad essere una delle cose più eccitanti che escono non solo dalla Scozia ma nel mondo, oggi di fronte a una sfera politica sempre più frammentaria con cui la musica della band è in costante conversazione.