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Dritto al cuore del cantautorato italiano – Intervista a Riccardo Sinigallia

By marzo 12, 2019 No Comments

Da “Per Tutti” a “Ciao Cuore” sono passati quasi quattro anni. Cosa è successo in questo arco di tempo?

Per me è abbastanza naturale che passi un pò di tempo tra un disco e un altro, per varie ragioni. Una è quella che non riesco a pensare alla mia vita come un semplice intervallo di tempo tra la lavorazione di due album, perché la troverei una vita abbastanza arida (ride, n.d.a.). Approfitto di queste pause per rigenerarmi e per cambiare prospettiva sul lavoro che faccio, per dedicarmi ad altre produzioni, come colonne sonore. Cerco di aprire delle nuove finestre e di non essere sempre autoreferenziale. E ci riesco pure poco! (ride di nuovo).

“Ciao Cuore” a Roma è un’espressione molto frequente. Perché la scelta di questo titolo?

Perché mettere insieme la parola “Ciao” e la parola “Cuore” per me era la sintesi perfetta per questo disco. “Ciao Cuore” si usa abitualmente tra i giovanotti romani per sottolineare una esagerazione o per dire “questa è una cazzata”, però in realtà ha una origine ancor più antica. Gli anziani la usano come saluto. Mio suocero che ha più di ottant’anni mi saluta dicendo “Ciao core!”. E’ un saluto che si usa con quella tipica punta di cinismo romana e per me era perfetto per rappresentare il “soul” romano. “Soul” inteso non come genere musicale ma nel senso stretto del termine. Come “anima”.

Il primo singolo estratto dall’album è l’omonimo “Ciao Cuore” ed il secondo, attualmente in rotazione, è “Niente mi fa come mi fai tu”. I videoclip che ne hanno accompagnato l’uscita sono collegati tra di loro. Come è nata questa idea? Era già presente un concept o si è andata sviluppando via via con la lavorazione?

E’ stato concepito tutto come un unico disegno relativo al disco. Quando ho finito l’album mi è  venuta immediatamente l’idea di divertirmi con dei simboli di ogni canzone. Questi simboli sono delle persone o degli oggetti e sono tutti nella copertina. A quel punto mi è venuta l’idea di fare un piano sequenza su una rockstar decadente interpretata da Valerio Mastandrea che attraversa questa strada e incrocia tutti i vari simboli dell’album. Alla fine del percorso incontra il backliner e me stesso dentro questa gabbia dove inizia il video successivo. Ce ne sarà un altro di video sempre collegato con i personaggi della copertina. Mi piace contestualizzare il disco in questa sorta di ambiente familiare.

Il centro di questo universo familiare è senza dubbio Laura Arzilli. E’ lei la figura protagonista in “Niente mi fa come mi fai tu”. Nel video sei addirittura circondato da sue immagini. Questa simbiosi artistica e personale quanto risalta nel tuo lavoro e quanta importanza ha?

E’ esattamente come l’hai rappresentata. Sono invaso da Laura. Ha totalmente circondato la mia persona sia a livello fisico che a livello artistico, spirituale e sentimentale. E’ un punto di riferimento creativo. Mi rivolgo a lei ogni volta che faccio qualcosa. E’ la stella polare, una persona dalla sensibilità speciale. Non siamo mai riusciti a trovare un produttore artistico per me, forse perché non avevo davvero bisogno, ma ho trovato lei come interlocutore naturale il che è stato un grande vantaggio.

Nel disco non trascuri l’attenzione verso il sociale e l’attualità. “Che male c’è”, scritta a quattro mani con Valerio Mastandrea, è dedicata a Federico Aldrovandi.

Si, il pezzo è quello più dichiaratamente impegnato, l’argomento stesso è molto scottante. La canzone è nata perché Valerio mi ha portato una chiavetta usb molti anni fa con queste due pagine che aveva scritto piene di rabbia e di passione e mi ha chiesto di farle diventare una canzone. Io dopo molti anni mi ci sono messo (ne sono passati almeno due o tre) e poi dopo altrettanti anni ho deciso di pubblicarla. Era già pronta per l’album precedente, ma non la sentivo una cosa in quel momento giusta. Ho aspettato e dopo averla suonata con Laura e Giorgio Canali sul palco di Ferrara in occasione del concerto in memoria di Federico, dopo un abbraccio con Patrizia, la mamma,  ed il fratello di Federico, mi sono reso conto che era più giusto pubblicarla che tenerla nell’hard disk.

Un brano del disco, “Dudù”, ha una struttura molto particolare. Sembrano quasi due canzoni collegate. Dopo un incipit dalle sonorità tranquille e rassicuranti, il pezzo poi diventa molto più arrabbiato ed il suono elettronico, più duro. Sembra quasi che tu abbia voluto sottolineare come un ricordo possa essere piacevole e allo stesso tempo amaro per un periodo della vita che probabilmente non tornerà mai più.

Si, ci può stare. Io mi muovo molto istintivamente nella composizione quindi non c’è mai premeditazione in queste scelte che faccio ma è una specie di accoglienza rispetto a quello che mi viene suggerito, non so bene neanche da dove. Può essere successo, come altre volte è già accaduto, che per me il pezzo era quasi esaurito dal punto di vista dell’intenzione di partenza, avendo finito la strofa. Era come se non avessi sentito la necessità di proseguire su quell’atmosfera e sul quel tipo di ricordo. Probabilmente ho switchato su un’altra dimensione sonora, su un altro contesto armonico, per dire qualcos’altro. E questo qualcos’altro può essere una invocazione non necessariamente rabbiosa ma comunque più forte rispetto al ricordo dolce. Quindi queste duplice lettura ci può stare, ma non posso darti la piena conferma perché sinceramente non lo so neanche io (ride).

La chiusura dell’album è affidata a “A cuor leggero”, un pezzo già uscito per la colonna sonora di “Non essere cattivo” di Claudio Caligari. Avevi già deciso di inserirlo nell’album o è stata una decisione successiva?

Avevo già deciso di inserirlo perché non l’avevo messo nel precedente. Valerio (Mastandrea, n.d.a.) mi aveva chiesto una canzone per i titoli di coda, una cover dei Clash “Bankrobber”, ma io non mi sentivo particolarmente stimolato a fare questa cosa. Laura ebbe l’intuizione di proporre “A cuor leggero” ed io pensavo che fosse molto strano perché è un pezzo molto romantico. Invece provando ad ascoltarlo al termine del film, effettivamente innescava varie sensazioni. Così ho deciso di mandarlo ed è stato inserito. Da quel momento per me è stato chiaro che, per come si era trasformata la canzone ai miei occhi e alle mie orecchie, l’avrei pubblicata immediatamente e che l’avrei messa nel nuovo disco.

Il 23 marzo suonerai allo “Spazio Franco” di Palermo. Se escludiamo l’esibizione con i Deproducers all’orto botanico del 13 ottobre scorso, forse è il tuo primo concerto a Palermo come solista.

Sono venuto già una volta, non ricordo bene quanti anni fa, pianoforte e voce in una villa in occasione di un evento. Come tour ufficiale questa è la prima volta e mi fa molto piacere perché mia nonna era di Palermo. Ogni volta che veniamo c’è una scorpacciata di emozioni,  di suggestioni, di polpa della vita. Laura sta già lottando per poter restare qualche giorno in più ma la vedo dura…

Un’ultima domanda: cosa bolle in pentola? Stai già pensando al successore di “Ciao Cuore”?

Il nuovo disco per adesso non voglio sentirlo nominare neanche come progetto. Mi piacerebbe pensare che ho finito qua (ride). C’è il nuovo disco dei Deproducers che uscirà ad Aprile/Maggio. Sto anche lavorando a due colonne sonore, una con Emiliano Di Meo per il nuovo film di Renato De Maria e un’altra di cui non posso parlare perché non è ancora ufficiale. E poi dopo vediamo che succederà.

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