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C’è aria di “new start” per il music business? Intervista a Fabio De Marco di DNA Concerti

Il Covid19, la crisi del settore, i voucher, la ripresa: c’è aria di “new start” per il music business? Ne abbiamo parlato con Fabio De Marco di DNA Concerti.

Ciao Fabio, grazie innanzitutto per aver aver accettato il nostro invito in un periodo così complesso.
Grazie a voi per l’invito.

Come sono cambiate le giornate di un agente booking negli ultimi mesi? Immagino in maniera abbastanza radicale, trattandosi del settore che prima ha subito le conseguenze del Covid19 e che per ultimo ne uscirà.
Abbiamo vissuto diverse fasi in questa anomala ed infinita situazione. Io, ad esempio, mi sono trovato a dover annullare una delle due date di un tour di una band americana (gli Algiers) che dopo aver suonato a Roma non ha avuto la possibilità di farlo a Milano in quanto proprio in quei giorni la situazione lombarda stava degenerando (27 febbraio).

Da quel punto in poi le nostre giornate sono state caratterizzate da spostamenti e cancellazioni di concerti al ritmo di un tour al giorno. Alcuni live hanno addirittura subito due spostamenti (da inverno 2020 a autunno 2020 per poi considerare marzo/aprile 2021 come primo periodo utile. Successivamente ci siamo completamente bloccati in attesa di capire tutte le varie evoluzioni in termini di sviluppo del virus e conseguente possibilità di vedere finalmente la luce.

Con il dcpm valido dal 15 giugno abbiamo provato a considerare la possibilità di organizzazione di alcuni concerti di artisti italiani. Ci siamo portati avanti per limitare i danni ed in qualche modo (grazie soprattutto alla perseveranza e alla forza dei promoter locali) siamo riusciti a mettere in piedi un calendario estivo che è tuttora in costante aggiornamento.

Il dpcm che regola le norme sulle modalità di effettuazione degli spettacoli dal 15 giugno in poi è stato molto criticato soprattutto tra gli addetti ai lavori della musica indipendente, qual è la tua visione sul punto?
Questo dcpm tende a limitare una grossa fetta degli eventi estivi che da sempre caratterizzano il nostro Paese. Le norme in fatto di distanziamento (e quindi di relative diminuzioni delle capienze) penso che possano essere più che condivisibili allo stato attuale delle cose. Quello che trovo davvero inconcepibile è il divieto di somministrazione, ovvero la fonte più importante di introito sulla quale si sorregge la maggior parte di questo tipo di eventi. Estate è spesso sinonimo di ingresso gratuito per quasi tutti gli eventi medio-piccoli. In questo modo di tende compleatamente a tagliarli fuori.

Ci stiamo chiedendo tutti da tempo del perché dal 15 giugno sia possibile acquistare un panino o una bibita su un treno ma non ad un concerto. Nessuno al momento è in possesso di una risposta valida.

Le dichiarazioni di McCartney sull’utilizzo dei voucher (a cui è seguita una risposta piccata di Gianna Nannini) hanno scatenato parecchie polemiche. A tuo parere davvero senza il meccanismo dei voucher e dando i rimborsi dei biglietti il settore andrebbe incontro al collasso? O la cosa riguarda solo alcuni degli attori del mercato, magari quelli più grandi, e si è voluto ingigantire il problema?
Il problema purtroppo è serio e ha scatenato grossi dibattiti anche tra gli addetti ai lavori. Per quanto mi riguarda credo che la imposizione dei voucher sia semplicemente inconcepibile e irrispettoso nei confronti dei consumatori. Questo è solo l’ultimo dei segnali di un settore governato da players che da anni stanno fortemente drogando il mercato e possono farlo perché sono per la maggior parte sorretti e finanziati da multinazionali.
Rimborsando i biglietti non si va incontro al collasso. Si fa semplicemente la cosa giusta. Ma sicuramente è una scelta che fa parte di una dinamica di gestioni aziendali spesso a dir poco scellerate (vedi quanto si diceva alla domanda precedente).

L’affair voucher arriva a poco tempo di distanza dall’altra  querelle inerente il mondo dei concerti, ovvero il secondary ticketing. È un sistema che andrebbe interamente disciplinato ex novo con regole che tutelino maggiormente l’utente? Insomma c’è del marcio in Danimarca?
Si sta provando a regolamentare e disciplinare questa pratica davvero inconcepibile. Qualcosa si sta muovendo e spero che in qualche modo si riesca ad abbatterla completamente.

Come state gestendo con la vostra agenzia (ndr Dna Concerti) l’annullamento dei concerti e la politica dei rimborsi? Questa estate i vostri artisti saranno in tour?
La policy adottata da DNA concerti fin dall’inizio è stata quella di rimborsare tutti i biglietti dei concerti annullati e per il momento non rischedulabili.

Per il momento abbiamo annunciato i concerti di Bud Spencer Blues Explosions, Andrea laszlo de Simone, Margherita Vicario e Giardini di Mirò. A breve seguiranno quelli di Birthh, Soviet Soviet, Canarie e altri artisti italiani del nostro roster. Purtroppo al momento è piuttosto complicato poter portare in Italia artisti stranieri.

Si parla poco dei soggetti che stanno subendo le conseguenze più gravi dello stop del settore, mi riferisco ai tecnici e agli artisti (soprattutto quelli più piccoli). E’ venuta fuori anche la questione della emersione del lavoro nero che caratterizza il settore dei concerti e degli spettacoli. Questa crisi può rappresentare un momento zero per nuove pratiche?
Me lo auguro davvero. Forse l’unica cosa davvero positiva di tutta questa situazione è stata la possibilità di poter mettere in luce le criticità e la fragilità di un settore da sempre completamente ignorato dalle istituzioni.  Si sta cercando di fare squadra e di uscirne compatti come non è mai successo in passato. Vedremo cosa succederà ma i primi segnali positivi forse iniziano ad esserci.

C’è il rischio concreto che gli effetti di questa crisi travolgano le venue di medie dimensioni che da sempre rappresentano la spina dorsale della scena musicale indipendente: a Milano il circolo Ohibò ha già comunicato che non riaprirà, i Candelai di Palermo e il Mood di Cosenza hanno lanciato nei giorni scorsi iniziative di crowdfunding. Che il sistema fosse fragile era già nella percezione degli operatori, lo Stato non sembra avere il polso della situazione e non sta predisponendo tutele particolari per il settore: cosa si può fare adesso per salvare il salvabile?
Bisognerebbe prima di tutto riuscire a dare il giusto valore a questo tipo luoghi. Dietro ad una venue ci sono persone che lavorano seriamente.

Ci sono imprenditori che rischiano e investono a spese proprie, spesso senza alcuna tutela. Ci sono tecnici, production manager, personale specializzato di ogni tipo. Ci sono prima di tutto professionisti del settore che sviluppano così il proprio reddito e non lo fanno come “hobby” come la maggior parte della collettività crede. Ci siamo tutti trovati a rispondere alla domanda “Che lavoro fai?” – “il promoter/booking agent” o più semplicemente “l’organizzatore di concerti” e aver dovuto “subire” il commento “si ok, ma di lavoro vero che fai?”.

Credo che senza la consapevolezza del valore effettivo di questi luoghi di cultura e aggregazione sia davvero difficile poter fare qualsiasi tipo di discorso di tutela dell’intero settore.

Sulla scorta delle indicazioni e delle percezioni che si possono avere ad oggi quali sono le tue previsioni? Questo autunno secondo te si tornerà a suonare nei club?
E’ molto difficile fare questo tipo di previsione… Il mio primo concerto di una band internazionale è programmato per novembre. Spero vivamente che a quel punto si sarà già tornati ad una situazione quasi normale perché il nostro settore, davvero molto fragile, come d’altronde è emerso in questi mesi, rischierebbe davvero di uscirne malissimo.

Grazie e speriamo di vederci presto davanti e dietro ai palchi, come si faceva una volta.
Grazie a voi!

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