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Dua Lipa: “Future Nostalgia” (Warner Records, 2020)

By aprile 7, 2020 No Comments

Un disco pop, un disco dichiaratamente pop, è un manifesto di intenti il cui scopo è dipingere un panorama di suggestioni, innalzare idoli, in una sola espressione: generare una nostalgia futura.

Se nel 2017 “Dua Lipa“, lavoro d’esordio, della cantante britannica di origini kosovare, non lasciava il segno, ma avanzava un discorsetto trito, con un pop da TOP40, da Radio Casalinga di Voghera, “Future Nostalgia” è, al contrario, un disco che punta molto più in alto, andando a ripescare primariamente da un immaginario sonoro, linguistico, estetico, che guarda al pop anni ’80, a ritmi che ricordano a tratti Lionel Richie, Prince, le Salt N Pepa, ad un fondo musicale che per ricercatezza, lucida freschezza, rimanda a brani come P.Y.T. di Michael Jackson.

Bisogna sottolineare come l’artwork che accompagna il disco, così come la decisione di rilasciare prima tre singoli forti come “Don’t Start Now“, “Future Nostalgia” e “Physical“, s’impegnino nel comporre un immaginario che ha qualcosa delle grandi epopee estetiche eighties: Don’t Start Now sembra trattare il corpo come una festa opulenta, da Orchidea Selvaggia; così Future Nostalgia ha qualcosa del lettering di “Beverly Hills Cop”; per finire con “Physical” che sembra guardare a Flashdance.

Personalmente, ho ritrovato nei suoni di Future Nostalgia qualcosa della sezione ritmica degli Indochine (penso a pezzi come “3e sexe”), così come un’aggressività vocale alla Bertè. Il pezzo che dà il titolo ed apre il disco sembra mettere in chiaro come Future Nostalgia vada a posizionarsi nella grande vague del pop che guarda al revival come alla strada da percorrere per rinnovare la scena, un’onda ripartita con “Confessions on a Dance Floor” di Madonna, che negli ultimi quindici anni non ha mai smesso di parlare alle grandi produzioni internazionali.

Don’t Start Now è un pezzo da classifica raffinatissimo, di cui va segnalato un bellissimo remix di Purple Disco Machine, che si basa sul giro incalzante del basso, giro che guarda molto ai pezzi più ballabili rilasciati dalla gloriosa Motown Records. Se il video di Physical fa pensare a Flashdance, il pezzo ricorda molto le atmosfere di “Holding Out for a Hero”, dalla colonna sonora di Footloose, un pezzo che restituisce una fretta da eroine braccate e pronte a salvare il mondo. Love Again è un pezzo che, per quanto proponga un incipit naif, comunque restituisce una vocalità a tratti roca, graffiata, un virtuosismo degli archi di
sottofondo, un po’ Seventies, un po’ finto grandi anni ruggenti, che supera la dimensione della power ballad portando il brano verso una dimensione pienamente nostalgica, che conferisce spessore all’intero lavoro.

Good in Bed” è, poi, un piacevolissimo divertissement da ascoltare e riascoltare. Quello che forse convince meno, di un disco comunque eccellente, è il fatto che in alcune parti si poteva osare di più: si potevano stressare alcuni suoni (penso al ritorno in sottofondo di una tastiera elettronica – forse una Nord Electro? – che poteva essere portato verso una dimensione più riverberata), si poteva cercare di restare meno sulla strada maestra ed esasperare della atmosfere, perdendo magari un po’ di attenzione da parte delle radio più commerciali, ma guadagnando credibilità artistica.

In ogni caso, nel panorama del grande pop mondiale, questo disco si candida ad essere uno dei titoli più discussi ed apprezzati di questo nostro difficile 2020.

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