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Gli Afterhours in Sicilia per due secret show. La nostra intervista a Rodrigo D’Erasmo

02 aprile ai Candelai (Palermo)
04 aprile al Teatro Coppola (Catania)

Arriva a sorpresa l’annuncio da parte degli Afterhours di due secret show in Sicilia, a ridosso della data (già sold out) del Forum di Assago del prossimo 10 aprile. La band sarà in formazione completa con Manuel Agnelli, Rodrigo D’Erasmo, Roberto Dellera, Fabio Rondanini, Xaber Iriondo e Stefano Pilia.

Abbiamo scambiato qualche battuta con Rodrigo D’Erasmo.

Cominciamo dall’analisi di un comportamento eccentrico: gli Afterhours in prossimità di una data già sold out al Forum di Assago scendono in Sicilia per due secret show a Palermo e a Catania. Più che l’atteggiamento di una band che festeggia trent’anni di carriera, sembra percepire l’entusiasmo e la semplicità di chi corre alle prove per il suo primo concerto, ma anche il coraggio di volersi mettere sempre in gioco.

Diciamo che abbiamo fatto questa scelta per due ragioni fondamentali:

1- non avere la sensazione inedita e per certi versi spiazzante di prepararci ad un unico concerto quando per una vita le prove sono sempre state il preludio di un tour, più o meno lungo, ma comunque di un discorso più ampio, da svliuppare in settimane di rodaggio, strada, palchi e vita insieme. 

Un warm up dopo sei mesi di assenza dai palchi ci è sembrato necessario, oltre che stimolante.

2- la voglia di coronare quest’anno di celebrazioni per i trent’anni di storia partendo dai piccoli club e dal contatto molto prossimo col pubblico che richiama le origini del nostro percorso per chiudere al Forum davanti a più di 11000 persone.

 

– Vi è mancato il palco? E’ davvero ancora la cosa più importante di tutto il processo che parte dalla scrittura di un brano, passa attraverso molteplici fasi e finisce quando si spegne l’ultimo riflettore del palco dell’ultimo concerto di ogni tour?

Non so se sia la più importante ma indubbiamente resta fondamentale sfogo e sublimazione della fase creativa che nel nostro caso spesso ha gestazioni molto lente e sofferte (3/4 anni a disco).

Quindi si, ci è mancato molto.

Abbiamo (almeno io e Manuel) avuto anche la TV a spezzettare i nostri soliti ritmi di tour, quindi alla fine Folfiri o Folfox lo abbiamo suonato relativamente poco dal vivo. Soprattutto questo ci è mancato, visto quanto siamo legati al nostro ultimo album di inediti e quanto lo sentiamo ancora attuale e corrispondente al suono e alla cifra di questa formazione.

 

– Sei negli After dal 2008: qual’è stato il momento più bello di questo decennio e quello, se c’è stato, in cui ti sei ritrovato meno?

Ce ne sono davvero tanti (di belli!!).

Per citarne uno solo direi forse l’incredibile giornata del festival Hai Paura del buio? alle OGR di Torino nel 2013 in cui gli After l’hanno fatta da padroni di casa e assoluti protagonisti. Si sono susseguiti talmente tanti artisti e di talmente tante discipline diverse…è stato esaltante vedere cosi tanto pubblico interagire con cose così distanti tra loro, arti figurative, performance, danza contemporanea, rap, poesia, musiche delle più disparate (classica, liscio, avanguardie, rock, noise, elettronica). 

Uno spettacolo totale!

Il più brutto è stato probabilmente la crisi che ha poi portato all’allontanamento di Giorgio Prette e Ciccarelli nel 2014.

 

– Tu sei da anni un apprezzato musicista professionista: hai vissuto anche tu la pressione della natura precaria ed instabile di questo mestiere? Ci si fa pace ad un certo punto con questa precarietà?

Ovviamente si. Ne parlavo proprio ieri con due dei miei compagni di “banco”, Fabio Rondanini e Stefano Pilia.

Concordavamo sul fatto che abbiamo potuto davvero dire di fare questo mestiere molto tardi rispetto a quando avevamo iniziato a lavorare (io a 17 anni!)

Purtroppo il tarlo ti resta dentro, eravamo e siamo degli eterni precari, non credo ci sia cura a questo finché una legge seria sulla musica non venga proposta prima ancora che approvata.

Il ministro Bray qualche anno fa aveva iniziato un percorso virtuoso in questo senso ma, guarda caso, è durato pochi mesi...

 

– Quale è la tua percezione del mutamento intervenuto in questi anni nella fruizione della musica, ma anche della modalità con cui tanti giovanissimi vi si approcciano: si vendono sempre meno chitarre elettriche e sempre più computer e schede audio.

Non sono d’accordo. 

O almeno lo ero fino all’anno passato ma vedo invece una chiara inversione di tendenza a livello internazionale che credo, come è sempre stato, si riverbererà anche qui, col nostro consueto e proverbiale delay, per rimanere in tema di effetti!

Sta tornando prepotentemente il suonato. Vedo un ricorso storico, una sorta di 80’s 2.0 a cui dovrebbero seguire  i 90’s a rigor di logica.

Ora i ragazzi tendono a voler suonare molto bene, a dare quasi sfoggio delle proprie doti tecniche perché hanno una vetrina pazzesca che sono i social tramite cui “vendere” il proprio talento, ma credo che a seguire si tornerà all’essenza della musica come urgenza, necessita comunicativa, magari anche momento e luogo di aggregazione, salvezza.

O almeno me lo auguro.

 

– Mi dici qual’è il disco che probabilmente chi ci sta leggendo non conosce e che invece dovrebbe assolutamente conoscere?

Dato che stiamo per scendere nell’amata Sicilia per questi due show speciali citerei un vostro artista straordinario e nostro comune amico: Cesare Basile e il suo album omonimo del 2013.

Quello della svolta dialettale.

Un album che amo profondamente e che ritengo una delle migliori espressioni di musica italiana DOC da esportare all’estero e di cui andare fieri nel nostro stivale troppo spesso colpevolmente miope.

Disco imperdibile!

 

– Gli Afterhours non si sono mai schierati politicamente in termini espliciti, ma il loro agire è sempre stato in qualche modo fortemente politico. Quale è la vostra battaglia oggi?

Il musicista, l’artista è una figura politica in quanto megafono, comunicatore e potenziale sobillatore di piccoli o grandi nuclei di persone. Noi questo facciamo, nel nostro piccolo. E di volta in volta battezziamo una causa. Le più attuali e potenti credo siano quelle della verità e della sincerità. Mai così fuori moda e necessarie come oggi.

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