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Hugo Race ci racconta il suo disco tributo a John Lee Hooker con una intervista di Umberto Porcaro

By maggio 23, 2018 No Comments
Umberto Porcaro incontra telefonicamente per noi Hugo Race, il musicista e produttore australiano che a metà giugno sarà in Italia per il suo spettacolo- tributo a John Lee Hooker insieme a Michelangelo Russo.

 

U.: Ciao Hugo, grazie mille per disponibilità a questa nostra conversazione. E’ davvero un gran piacere poter spendere un po’ di tempo con un grande artista come te.

H.: Grazie a te Umberto, ciao.

U.: Mi pare che ti trovi in Australia adesso? Sei tornato a vivere li’?

H.:  Sì dal 2011, quasi otto anni ormai.

U.: A giugno torni in sicilia per alcune date del tour di promozione del tuo nuovo disco dedicato a John Lee Hooker insieme a Michelangelo Russo. Se non sbaglio hai anche vissuto in Sicilia per un periodo, cosa ti porti dietro da questa esperienza? Ha ispirato qualcosa nella tua musica?

H.:  Sono stato in Sicilia per un bel po’ di tempo, e sono successe tante cose in quel periodo: la collaborazione con Marta Collica con Sepiatone, un progetto nato in Sicilia anche se lei vive a Berlino adesso, e poi Merola Matrix iniziato proprio a Palermo.

U.: Andiamo al tuo nuovo disco: credo che “John Lee Hooker’s World Today” sia davvero un capolavoro assoluto, l’ho ascoltato e riascoltato più volte…. è un disco che ti scava proprio dentro, che ti porta direttamente in contatto con te stesso e con la tua anima… innanzitutto cosa ti ha spinto ad onorare John Lee Hooker con un disco?

H.:   Sai Hooker è stato fondamentale per me e per tanto tempo è stato alla base della mia esperienza musicale: la prima volta che ho provato a fare una sua cover è stato negli anni ’80, ho anche fatto un paio di canzoni di John Lee Hooker con Nick Cave tanti anni fa… Hooker è uno dei miei eroi, un “godfather” della musica moderna. In questa occasione Michelangelo ed io abbiamo provato a calare alcune sonorità elettroniche nel suo mondo, abbiamo deciso di fare un mix di blues ed elettronica e così è nato il disco.

U.: Qualcuno ha definito questo disco come un talking blues del terzo millennio, filtrato da anni di psichedelia e di industrial music dove i tuoi anni berlinesi si sentono eccome, ipnotico e cupo, ma proprio per questo avvolgente e affascinante. Tu come la pensi?

H.: Per me è la stessa cosa: sai la registrazione del disco è durata un solo giorno, in una immersione totale. Ed ogni concerto è onirico, cerchiamo di arrivare a qualcosa di trascendente e mistico tramite la musica e gli effetti sonori.

U.: Premetto che sono un grande fan di John Lee Hooker, l’ho sempre adorato, e l’ho visto un po’ come una sorta di vecchio sciamano pschedelico senza tempo, riesce sempre ad incantarmi ancora adesso ogni volta che lo ascolto. La tua “Hobo Blues” è uno sballo… wow… “Servers you Right to suffer” e “Decoration Day” sono entrambe pazzesche. Come hai scelto le canzoni per questo disco?

H.: Eh sì hai ragione, non è stato facile sceglierle. John Lee Hooker ha due o tre facce, c’è il John Lee Hooker “boogie man”, poi c’è il John Lee Hooker “one bourbon one scotch one beer”, e c’è anche un aspetto di lui molto legato alle sue radici nel delta blues degli anni ’20 in cui non si cambia mai tonalità, ma si rimane sempre sulla fondamentale africana. Proprio queste canzoni ti danno più opportunità per entrare all’interno e sviluppare gli arrangiamenti. Volevo mostrare in particolare ai più giovani un altro lato di John Lee Hooker, ci sono tanti che pensano che lui sia solo il “boogie man” e lui lo ha fatto come “One bourbon, one scotch, and one beer”, ma canzoni come Decoration Day sono così profonde che vanno oltre il blues.

U.: Quale importanza ha avuto il Blues nella tua musica?

H.: E’ fondamentale Umberto! Non ci sarebbe niente senza il blues, penso che sia la connessione con il tempo passato, con la storia stessa dell’homo sapiens. Penso che sia la world music per antonomasia, il blues è ovunque: in Mongolia, in Vietnam, in India. E’ qualcosa che sta dentro la psiche umana, e non c’è rock&roll senza il blues. Il blues è fondamentale.

U.: Quale messaggio vuoi mandarci con il tuo “John Lee Hooker’s World Today”?

H.: Volevo dire che il mondo che ha guardato John Lee Hooker in fondo è lo stesso che guardiamo noi oggi: quando nel 1970 ha registrato “The World Today” lui ha osservato la società, la politica, e ai nostri tempi non è cambiato molto. Il suo sguardo è molto attuale ancora oggi.

U.:  Da chitarrista a chitarrista ho una piccola domanda tecnica da farti che mi suscita molta curiosità. Che tipo di chitarre e ampli hai utilizzato per la produzione di questo disco?

H.: Ho usato una chitarra Epiphone, molto simile a quella che usava John Lee Hooker, e un amplificatore Peavey Delta Blues, poi ho collegato il foot stomp ad una specie di drone per creare i bassi del disco, infine Michelangelo ha utilizzato un amplificatore per basso per la sua armonica. Un set up abbastanza particolare, e nella registrazione abbiamo fatto uso di molti microfoni ambientali per catturare le vibrazioni della stanza.

U.:  In questi giorni ho ascoltato il nuovo disco di Ry cooder “Prodigal Son” un altro capolavoro futuristico sul Blues e la musica delle origini.
Ry Cooder è per definizione “il musicista-produttore contro tendenza”. Cosa pensa un musicista-produttore del tuo calibro della situazione discografica attuale?

H.: In generale questo secondo me non è un periodo bello per la musica, ci siamo un po’ persi anche se c’è una grande quantità di musica oggi. Per me un disco come “John Lee Hooker’s World Today”, così come “Prodigal Son” forse per Ry Cooder, è uno statement contro la musica di moda, la musica impotente.

U.:  Cambiamo argomento, tra i dischi incisi a tuo nome, a quale sei piu affezionato?

H.:  Non saprei da dove cominciare… ci dovrei pensare bene.

U.: Quali sono stati gli incontri musicali o i momenti che ti hanno cambiato la vita?

H.:  Di certo nel 2008 l’incontro con il gruppo tuareg Tamikrest al festival du desert è stato un momento molto importante per me: da lì in poi tante cose sono cambiate per me.

E poi l’incontro con il musicista turco Murat Ertel con cui sto lavorando proprio in questo momento è stato molto importante: lui viene da un’altra scena musicale e sto imparando tanto da lui.

Infine di certo il mio incontro con Nick Cave.

U.: Tra le tante collaborazioni che hai avuto, c’e anche il grande Nick Cave, cosa ti va di raccontarci?

H.:  Nick è un grande artista, sono stato molto fortunato a lavorare con lui durante la sua fase musicale che più mi piace, tra gli ultimi dischi dei The Birthday Party e l’inizio dei Bad Seeds. E’ stato un periodo super eccitante, ero molto giovane e ho un sacco di ricordi incredibili: ovviamente è un incontro che ha cambiato la mia vita.

U.: Cosa c’e nel futuro di Hugo Race dopo il disco su John Lee Hooker?

H.:  Sono in tour in questo momento con Dirtmusic, Murat & Chris Eckman, un nuovo disco di dub music uscito tre mesi fa, pazzesco, una fusion tra Mali blues con musica classica turca su un ritmo elettronico. Un progetto molto forte secondo me, molto bello per ballare e sognare e la tournée andrà avanti per tutto l’anno. Poi sto registrando per adesso con i Sacri Cuori e presto uscirà un nuovo disco con loro.

U.: C’e un disco del 1989 con i True Spirit “ Rue Morgue Blues” che adoro. Cosa ti ispirato nella scrittura delle liriche della title-track “Rue Morgue Blues”? Anche Dylan la cita su “Just Like Tom Thumb’s Blues” (Highway 61). C’entra solo Edgar Allan Poe? Da dove è venuta l’ispirazione ?

H.:  Sì c’è Poe l’ dentro, ma anche la storia con una ragazza che non è andata bene, e un po’ di jazz in un certo senso un po’ weird… è passato un po’ di tempo, circa 30 anni fa ero innamorato del suono delle big bands, e ho provato a ricreare una versione da big band dell’elettronica.

U.: E’ stato un molto bello potere parlare con te, ci vediamo presto in Sicilia per I tuoi concerti.

H.:  Yeah!

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