Interviste

La mia Afrodite tra pop e realtà

By febbraio 13, 2019 No Comments

Arrivo ai Cantieri Culturali della Zisa imprecando contro il traffico che, come al solito, mi fa sprecare minuti in cui avrei potuto fare qualcosa di sicuramente più interessante.

Con Antonio Di Martino ci rincorriamo da un pò di tempo senza successo ma oggi, dopo l’ennesimo scambio di messaggi, finalmente riusciamo ad incontrarci.

Tra un paio di giorni partirà il tour di “Afrodite”, ultimo album a firma Dimartino, a quattro anni di distanza dal precedente “Un paese ci vuole”; disco che segna una svolta decisa verso la ricerca di suoni più marcatamente pop, pur rimanendo fedele alla propria natura cantautorale.

Lo raggiungo allo Spazio Franco dove sta provando con la band in vista dei due concerti a I Candelai di Palermo il 14 ed il 15 febbraio.

La mia incursione provoca una dissolvenza forzata di “Non siamo gli alberi”  e un po’ mi sento in colpa.

Il senso di colpa aumenta quando, costretti dal volume alto, decidiamo di uscire fuori dove la temperatura non è proprio mite.

-Da un primo ascolto dell’album, si ha la sensazione che la formazione di una famiglia abbia avuto un ruolo fondamentale nella scrittura e che abbia condizionato un po’ tutta la genesi del disco, a partire dalla copertina nella quale sei ritratto in una foto di Michela, la tua compagna.

  Ha influito tantissimo, naturalmente, anche se i singoli pezzi non parlano solo di questo. Nick Cave diceva: “La vita ha influenzato la mia musica e non viceversa”. Penso che chiunque, a qualsiasi livello si trovi della propria carriera, non possa prescindere dal fatto che nella vita gli capitino delle cose e quelle cose influiscono sul modo di scrivere e di pensare. Probabilmente  tutto ciò accade inconsciamente ma sei comunque portato a farlo.

– Sembra che questa dimensione tu l’abbia voluta ricreare sul palco. Con il ritorno in formazione di Simona Norato, oltre alla presenza ormai costante di Giusto Correnti e Angelo Trabace, hai voluto di nuovo insieme la tua famiglia “live”.

– Avevo voglia di cantare le canzoni insieme alle persone che le hanno scritte e suonate insieme a me in questi dieci anni. Volevo che fossero presenti tutti i protagonisti che sono stati coinvolti in questa esperienza. E sono solo loro, non c’è altra gente. Siamo sempre stati noi quattro. Chi prima, chi dopo, ognuno ha dato il suo contributo alle mie canzoni e per me è come fare una specie di rimpatriata. Hai presente quando parti per anni, torni a casa e trovi  la tua famiglia che ti chiede cosa hai fatto durante tutto questo tempo e tu gli racconti tutto per condividere con loro questa esperienza? Ecco per me è un pò la stessa cosa.

– Passiamo all’aspetto tecnico del disco. Colpisce la presenza di sonorità nuove rispetto ai precedenti lavori e questo lo si deve probabilmente alla presenza di Matteo Cantaluppi in cabina di produzione, già a lavoro  tra gli altri con The Giornalisti e Ex Otago. Come mai questa scelta?

– Seguivo Cantaluppi su Instagram e lui pubblicava a nome “Cantaloop” delle playlist secondo me bellissime. In quel periodo aveva anche prodotto il disco dei Joe Victor che mi piaceva davvero molto. Mi sono detto: “Faccio una prova. Vado a trovare Matteo Cantaluppi”. Il mondo del pop è sempre stato di mio interesse. Ho trovato in Cantaluppi una persona molto umile e ben disposta a lavorare a questo disco, forse perché aveva voglia, come me, di lasciarsi andare di più rispetto a tutto quello che avevamo fatto rispettivamente fino a quel momento. Così è nato questo corto circuito. Poi abbiamo deciso di fare mixare il disco ad Ivan Rossi che ha dato una svolta decisiva al sound e lo ha anche indurito in certe parti.

– Sono infatti presenti molti elementi classici della canzone pop perfetta, a partire dagli assoli, sia di chitarra elettrica che di sassofono.

– Gli assoli di chitarra li ho suonati tutti io! E non sono un chitarrista vero e proprio, ma volevo mettermi alla prova. A livello bassistico, invece, mi piaceva che il basso fosse in prima linea. E’stata una delle prime cose che ci siamo detti con Matteo Cantaluppi. Volevamo che il basso fosse in evidenza rispetto agli altri strumenti. L’arrangiamento, poi, è stato fatto da me, Cantaluppi e Angelo Trabace.

– La collaborazione con Angelo Trabace ha dato vita ad una sorta di vera e propria alchimia artistica.

– Si. Angelo ha abitato e abita in molte mie canzoni. In questo disco è stato artefice di idee molto interessanti e ha svolto un ruolo fondamentale.

– L’equilibrio tra melodia pop e impostazione cantautorale è una caratteristica costante dell’album. Ti riferisci a questo quando parli di “cortocircuito”?

  Avrei potuto fare un disco magari più acustico, voce e chitarra, un po’ più lo-fi. Mi sembrava però troppo scontato. Era una formula che avevo già battuto e poi dopo tutto questo tempo che non pubblicavo un disco avevo voglia di uscire con una cosa nuova. La prova che abbiamo fatto con Cantaluppi producendo i primi tre pezzi è stata fondamentale perché mi ha permesso di avvicinarmi a queste canzoni da un punto di vista diverso dal mio.

– Sta per partire il tour. La data del 15 a Palermo è andata sold out e hai deciso di aggiungerne un’altra il 14.

– La data del 15 è andata sold out dieci giorni prima e lasciare la gente fuori mi sembrava quasi uno sgarbo nei confronti di chi mi ha seguito fin dall’inizio, in una città che purtroppo non offre tantissimo. Per me era importante che la gente partecipasse.

– Palermo, non a caso, è presente più volte nel disco.

– Palermo è sullo sfondo. Mi piaceva che le storie, sia quelle dove sono io il protagonista, sia quelle dove i protagonisti sono altri, come “Daniela balla la samba” o “La luna e il bingo”, venissero ambientate qui.

Leave a Reply