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L’estate Covid-19 spiegata con i festival estivi (scandinavi)

Sul futuro che verrà non è il caso di azzardare previsioni, lasciandole ai più qualificati esperti chiamati in causa, anche e soprattutto, per fornirci solide linee guida per uscire da questa impressionante pandemia.

Ma giusto per inutile rimedio contro l’inedia, ci si limita a riportare le strategie al momento messe in atto da Paesi notoriamente più attrezzati della (ma si spera, non più) folkloristica Italia in tema di gestione di cose pubbliche.

Il “triduo” scandinavo di Oya, Way Out e Flow si svolge consecutivamente ad agosto rispettivamente in Norvegia, Svezia e Finlandia. Secondo quanto riportato dal Corsera di oggi, la Norvegia (con un rapporto di 6.905 positivi e 152 deceduti, fonte Johns Hopkins University) ha stabilito il via libera per i grandi eventi dal 27 aprile e scuole in gran parte aperte dal 15 giugno: sembrerebbe dunque che ci sia una possibilità per l’Oya.

La Svezia (con un rapporto di 12.758 positivi e 1.333 deceduti), in controtendenza a tutti i paesi di Europa, ha solo richiesto il distanziamento sociale, le scuole, i ristoranti e i bar restano aperti, con il solo limite dei raduni di oltre 50 persone e ciò significherebbe niente da fare per il Way Out.

Non ci sono, invece, notizie sulle future decisioni della Finlandia (rapporto 3.369 positivi e 75 deceduti) rendendo ulteriormente misterioso il destino del Flow.

A prescindere dalle diverse decisioni dei singoli stati, i tre festival – che come di consueto condividono molto in line up e quest’anno, ad esempio, The Strokes, Bon Iver e FKA Twigs – sono indissolubilmente legati da un vincolo di solidarietà per cui parrebbe che dalle sorti dell’uno dipendano quelle degli altri, nella più classica applicazione del “simul stabunt simul cadent”.

Appena fuori dalla Scandinavia, la Danimarca (7.074 positivi e 321 deceduti), dal canto suo, per le scuole ha deciso lezioni a distanza di due metri, un solo alunno per banco (con obbligo di lavarsi le mani durante le pause) e dal 10 maggio negozi, parrucchieri e ristoranti aperti, ma niente eventi fino al 31 agosto con il conseguente annullamento del sontuoso Roskilde.

Tali decisioni degli scandinavi, specie quelle svedesi, da un giornalista danese sono state commentante pari di guardare un film horror.

Ma questa valutazione può essere dettata dallo storico sciovinismo che separa le due vicinissime nazioni e, sempre in tema di horror, chi ha avuto dimestichezza con “The Kingdom” di Lars Von Trier, può ben ricordare il “danish scum” dello svedese dottor Helmer alias Ernst-Hugo Alfred Järegård con cui soleva disprezzare l’universo sanitario degli odiati danesi in cui lavorava.

Ma chi ha avuto dimestichezza con The Kingdom, del dott. Helmer, probabilmente, ricorderà anche qualcos’altro.

La prima stesura dell’articolo riportava erroneamente la dicitura “Jon” Hopkins University (tradito dal troppo amore per l’artista) invece del corretto Johns. Ringrazio Daniele Mancino per avere avvisato scherzosamente dell’errore.

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