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Moltheni – Senza Eredità (La Tempesta, 2020)

By dicembre 14, 2020 No Comments

“Ma l’attesa mi piace da morire” (Il Bowling O Il Sesso?)

Senza Eredità è un atto d’amore rivolto ai fan di Moltheni, il progetto di Umberto Maria Giardini conclusosi nel 2010. Una raccolta di undici inediti provenienti da bozzetti e brani esclusi dagli album ufficiali, ora ripresi a distanza di anni e riarrangiati, talvolta riscritti da capo, con la volontà di chiudere degnamente una vicenda sospesa.

Tra il ’99 e il 2010 Moltheni ha rappresentato il cantautorato italiano alternativo, senza appartenere ai movimenti, ai filoni. Faceva quel che gli pareva, schivando e schifando le etichette. Sensibile e urgente negli album, professionista in estasi sul palco.

Oggi Umberto Maria Giardini è giunto ormai al quarto lavoro, quell’inaspettato Forma Mentis che è un roboante ritorno al muro sonoro di Fiducia Nel Nulla Migliore, e ha preso parte al progetto parallelo Stella Maris, di matrice british anni ’80.

Senza Eredità lascia a casa le chitarre elettriche per dare spazio alle intuizioni più pop e folk, che hanno connotato gran parte dell’esperienza Moltheni, fino a diventarne un marchio di fabbrica riconoscibile per gli intrecci acustici, psichedelici e minimali.

Nonostante sia una raccolta di inediti, non siamo davanti a riempitivi. L’ascolto sarà appagante per i conoscitori dell’artista e una notevole sorpresa per le nuove orecchie.

È un piacere ritrovare Moltheni che si traveste d’animale e si relaziona nel suo habitat, spesso ostile. Soggetto cinico e disilluso, a volte spettatore critico, distaccato, con qualche sassolino fastidioso nelle scarpe.

Ma è anche protagonista attivo e sensuale, ingenuo nei confronti dei massimi sistemi, quali il tempo, il futuro. Di questo avviso è Il Quinto Malumore, l’episodio più spensierato, avvistato già nelle scalette dei live del 2000, e figlio di quel mood post-adolescenziale che caratterizzava l’acerbo Natura In Replay e il già citato Fiducia Nel Nulla Migliore.

Quando nel 2005 Moltheni pubblica un album come Splendore Terrore si capisce subito che non sarebbe più tornato indietro. Quelle canzoni piene di chitarre essenziali, spesso acustiche, e piano Wurlitzer, i tempi rallentati, testimoniavano una condizione intima e fortemente riflessiva. Appartengono a questo umore gli inediti Spavaldo e Se Puoi, Ardi Per Me.

Più vicine al successivo periodo folk-psichedelico di Toilette Memoria e I Segreti Del Corallo sono il singolo Ieri, datato 2010, e la delicata Estate 1983, un vero e proprio gioiello fortunatamente recuperato. La Mia Libertà, Ester e Nere Geometrie Paterne sono le cose che musicalmente più si avvicinano alle ultime produzioni di Giardini, con le chitarre che ricordano lo stile di Johnny Marr. Me Di Fronte a Noi è l’episodio più anni ‘60, mentre Tutte Quelle Cose Che Non Ho Fatto In Tempo A Dirti chiude il cerchio in maniera amara, con i toni cupi ai quali Moltheni più volte ci ha abituato, vedi Suprema, Verano, Ragazzo solo, Ragazza Sola, Io.

“Ti prego, parliamo di come va

La luce dell’abat-jour garantisce un preludio alla verità”

(Tutte Quelle Cose Che Non Ho Fatto In Tempo A Dirti)

Finito il disco, mi piace immaginare che l’ultima canzone comunichi con la prima in un ciclo continuo, in un discorso introspettivo senza fine:

“Ero io, eri tu

Eravamo tutti un po’ convinti

Che la verità

Andasse cercata”

(La Mia Libertà)

Si può dire che i conti in sospeso, almeno quelli musicali, siano stati saldati.

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