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Moodymann, “Taken Away”: black music a servizio dell’house

Moodymann è il progetto del navigato producer di Detroit Kenny Dixon Jr. . Dichiarava qualche anno fa che la sua musica non fosse prodotta per far ballare le masse, ma per coloro che la preferivano ascoltare. C’è, insomma, una selezione alla porta della discoteca immaginaria di Moodymann. Produttore controcorrente, testardamente di nicchia e allergico alle promozioni pubblicitarie, alle interviste, esce in sordina con i suoi album dal 1997, sconvolgendo continuamente il mondo dell’elettronica.

Taken Away” è il nuovo album dove deep house, black music, blues stanno bene insieme ad altre disparate influenze. Moodymann non bada a spese quando si parla di musica. Mette così tanto dentro al suo calderone che l’ascoltatore ne viene investito.

Dancefloor, jazz, rap, soul, elettronica in continuo aggiornamento, da “Silentintroduction” ne è passata di acqua sotto i ponti. “Mahogany Brown” era house sofisticata, seppur legata agli stilemi degli anni ‘90, ospitava soul e addirittura il gospel, con potenza rivoluzionaria. Folktronica, funk e jazz avrebbero caratterizzato gli anni successivi, dallo stiloso “Silence in the Secret Garden” ai più sperimentali “Black Mahogani” I e II.

Artista che fugge da ogni definizione, collocabile nel generico ambito della musica elettronica, genio creativo senza limite, basti ascoltare il definitivo album del 2014, “Moodymann”, una sorta di sintesi personale di tutta la black music possibile. Non ci sono tendenze che vengono assecondate, né mode passeggere in questi solchi. Emerge solo una personalità camaleontica, complessa da afferrare, ma di grande fascino, che riesce a produrre musica sempre diversa, fortunatamente un passo avanti a tutti gli altri.

Allo stesso modo sembra muoversi questa nuova produzione, “Taken Away”, tra sample che più neri non si può, vocalizzi soul, giri di basso penetranti, come nell’apertura affidata a “Do Wrong”. Organo e synth si accoppiano bene nel pezzo che dà il titolo all’album, altro momento soul, che preferisce anche certe atmosfere anni ‘90. “Let me In” è il pezzo che mi ha convinto a parlare di questo disco. Canzone rappresentativa della sensualità della musica di Kenny Dixon Jr., ha tutto il diritto di meritarsi una serie di loop, per via di quella melodia che sin dal primo ascolto non si stacca dalla testa.

Sugli stessi livelli si muove la conturbante “Let Me show you love”, il momento più dance dell’album. “Goodbye Everybody” è techno blues futuristico, “Slow Down” è trascinante e funky, e come per ogni momento nella sterminata discografia di MoodyMann non sai dove finisce un sample e quando ne inizia un altro. La breve “I’m Already Hi” si tinge di sonorità latine, mentre la successiva “Just Stay a While” è un funk minimal aperto e chiuso da una lenta e melensa melodia di tastiera. Chiude “I Need Another____” discomusic, house, elettronica, black music, vibrato, insomma, tanta roba.

Forse questo album non aggiungerà niente di nuovo alla carriera del producer di Detroit. A noi regala non pochi momenti clou, nonostante qualche esercizio di stile. Eppure Moodymann non smette di creare mistero e curiosità attorno a sé, e la sua musica, i suoi beat, parlano da soli, spiazzando ascolto dopo ascolto.

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