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Moses Sumney: “græ: Part 1” (2020, Jagjaguwar)

By maggio 12, 2020 No Comments

Moses Sumney ha diviso il suo secondo disco in studio in due parti, realizzando la prima in febbraio con l’idea di fare uscire la seconda in maggio. Il nuovo lavoro di Sumney è un singolare concentrato di elettronica, folk e soul music, che crea qualcosa di veramente unico.

Græ: Part 1 è un album intensamente personale. Molte delle considerazioni di Sumney ruotano attorno a se stesso: la sua identità, i suoi rapporti, la sua mascolinità. “I fell in love with the in between”, proclama Sumney in “Neither/Nor“.Græ cerca di abbattere il rigido concetto di binari che ci intrappola tutti.

È difficile spiegare a fondo a cosa assomiglia il suono di Græ: Part 1. Sarà forse perché Sumney ha arruolato 40 produttori per creare la varietà di paesaggi sonori che colorano l’album. La musica di Sumney sfida sempre le rigorose etichette di genere ed in questo album sembra andare oltre il concetto stesso di genere.

Ciò è più evidente su brani come “Gagarin“, che inizia con il falsetto di Sumney posato sul tintinnio di un piano appena udibile. Quindi, la sua voce si abbassa, mentre un coro drammatico sembra triplicare ogni sua espressione, e una linea di pianoforte alla Bill Evans si snoda su e giù per la tastiera. Una linea di basso lenta e deliberata riempie la canzone di malessere mentre Sumney mette in dubbio il suo scopo sulla terra. “I give my life / To something bigger than me” dichiara, mentre la produzione si gonfia, raggiunge picchi e crolli, un’ondata di acqua fredda, scura ed indefinibile.

Altre canzoni sono molto più calde: “Cut Me” e “In Bloom” sono persino quasi ottimiste. Su “Cut Me”, una linea di basso funky si abbina a un trombone jazz, creando un’atmosfera vivace. “In Bloom” mescola arpeggi di chitarra elettrica con beatitudini orchestrali. In uno dei momenti più sfacciati e spensierati dell’album, Sumney canta “You don’t want that, do you? / You just want someone to listen to you / Who ain’t tryna screw you / I swear I want that, too, yeah”.

E, naturalmente, c’è la traccia di chiusura: “Polly“. Indossa un paio di cuffie, chiudi gli occhi e ascolta. Le scelte di produzione ridotte e calde per questa traccia sono in netto contrasto con il resto dell’album. Gli unici strumenti presenti sono una chitarra solitaria e la voce di Sumney. Salta all’indietro con facilità su ottave, armonie fluttuanti dentro e fuori dal mix con la massima cura e moderazione. Chiede al suo partner poliamoroso di restare, di sceglierlo.

È difficile vedere cosa non esiste realmente. È difficile definire il concetto di flusso. È difficile esaminare le sfumature incerte che ci spingono a fare le cose che facciamo, per essere come siamo. Eppure Moses Sumney è in grado di farlo in tutto græ: Part 1.

 

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