HOMENightclubbing

Nightclubbing #3 – Milano: Sergio Tavelli e Andrea Ratti, il corsetto e la cintura

By aprile 25, 2020 No Comments

Fondato nel 1980 da Nicola Guiducci e Lucio Nisi, il Plastic di Milano è da anni apprezzato come uno dei club più importanti del mondo. Sergio Tavelli ed Andrea Ratti sono i DJ resident di Club Domani, il party del sabato del Plastic.

Sergio Tavelli è nato a Sondrio, in Valtellina: “Già a 13-14 anni, il sabato dopo scuola, andavo a Milano a fare dei giri, a comprare dei dischi. Ricordo che andavo spesso in questo negozio, Il bazar di Pippo, in viale Tunisia, ormai da tempo hanno buttato giù il palazzo, ora c’è un cratere. Si trovava di fronte alla chiesa del Lazzaretto, c’andavo sempre. Prima c’erano tanti bei negozi di dischi, ne ricordo uno, di cui mi sfugge il nome, dietro via Torino, che era frequentato da tanti DJ. Io, invece, non avrei mai pensato di far questo mestiere. Compravo tanti dischi, facevo cassettine di compilation per gli amici, tutto qui.

A 18 anni mi sono trasferito in città per studiare, iscrivendomi a Scienze Politiche. Nel giorno in cui sono arrivato a Milano, la sera stessa sono andato al Plastic. C’ero già stato una prima volta con mia zia a 16 anni! Poi, mentre ancora studiavo, frequentandolo assiduamente, ho cominciato a lavorare per il locale. Ho fatto di tutto: grafico, ufficio stampa, ma anche tutte le porte possibili, guardaroba, bar. Fare il DJ è stato l’ultimo step ed è capitato assolutamente per caso.

Ero il barista della salettina piccola del Plastic, una sera il DJ che doveva suonare non si è presentato, la consolle stava sul bancone del bar e mi sono buttato. Sono corso in macchina, ho preso i miei CD e ho cominciato a mettere musica, così è nato il Bordello.

Ho coinvolto La Stryxia (per anni resident performer e regina del Bordello) e pian, piano la serata ha acquisito forza. Dopo anni ci siamo spostati in sala grande, diventando House of Bordello. La serata c’è stata anche al Plastic nuovo (il locale nel 2012 ha cambiato sede, spostandosi dalla sua storica collocazione, una casa cantonale su viale Umbria, alla nuova sede di via Gargano). Alla fine, quando tutti i locali hanno cominciato a proporre la stessa musica e animazione, mi sono stufato e ho deciso di mettere su Club Domani. Senza avere un’idea precisa di cosa avrei voluto fare, sapevo solo che volevo fare altro, volevo assecondare il mio istinto, così ho coinvolto Andrea”.

Foto di Giovanni Montuori

Andrea Ratti è milanese e fa parte di Club Domani dalla prima serata: “Vengo da una famiglia borghese, un po’ inquadrata. Ho sempre ascoltato tanta musica, ma senza essere poi realmente interessato ad occuparmene, finché non ho scoperto il mondo del clubbing, al penultimo anno del liceo, a 17 anni. Ho cominciato a suonare anch’io così, per caso, grazie ad un’amica che faceva la giornalista, in un bar che stava in Colonne a Milano, il Bar Cuore, un martedì sera al mese, senza aver mai messo mano su una consolle prima.

Avevamo i CDJ100 con i compact disc. Suonavamo per nessuno chiaramente, ma la cosa ci divertiva tantissimo. Poi da lì c’ho preso gusto e ho fatto un’altra serata all’Atomic, un altro bar che non esiste più. Ho sempre amato molto il Plastic. Ad un certo punto, nel 2009, Nicola Guiducci mi ha chiesto di suonare con lui nel privé e così è andata, fino a che Sergio nel 2014 ha deciso di far partire Club Domani e sono passato in sala grande con lui. Abbiamo deciso poi insieme, non ricordo se il secondo o terzo anno di Club Domani, di produrre musica. Una parabola felice, abbiamo suonato anche ad Ibiza, finora devo dire che ci siamo tolti parecchie soddisfazioni”.

Sergio siede su un elegante divano, sotto un’enorme insegna AGIP, dal gusto pop anni ’80, che, senza alcun motivo apparente, mi fa pensare a Filippo Panseca. Il divano è fasciato da una trapunta Fornasetti con una trama floreale dal gusto post-liberty. Indossa una t-shirt dei Cigarettes After Sex: nera ed essenziale, per questo elegante, pop, asciutta, tagliente, fascia un torace su cui sono piantati due occhi che, parola dopo parola, spiazzano e scavano, esprimendo una risolutezza ed una forza d’anima dirompenti. Dalla finestra del suo appartamento si vede il Pirellone, Sergio ci racconta come col suo portatile spesso osservi in video dei falchi che hanno nidificato sul tetto del grattacielo che ostende lo spirito di Milano.

Andrea mi parla seduto davanti alla finestra di casa sua: dal balconcino si vede che è una bella giornata e sospira un po’, rammaricandosi della quarantena e dell’inattività forzata da questo nostro sfortunato periodo. Mentre parliamo riceve un pacco da un’amica e sfodera un sorriso che sembra mostrare come – ripensando ad alcune riflessioni di Mario Mieli ne La Gaia Critica – individui oppressi dalle circostanze riescano ad emanciparsi costituendo una comunità umana. Da quando lo conosco ne apprezzo la gentilezza, la disponibilità, il gusto, l’umorismo, l’affabilità dei suoi gesti misurati, la competenza in fatto di musica e la capacità di comprendere la geografia umana che lo circonda, sorvolando sui panorami emotivi del nostro tempo con delicatezza.

Uno spazio della possibilità

Club Domani è un party sganciato da tematizzazioni settimanali, che segue, come fil rouge: il dialogo tra i DJ resident e la pista ed il discorso estetico dei suoi performer, che si possono considerare l’avanguardia armata del pubblico di Club Domani, rappresentandone lo spirito con un engagement positivamente partigiano che, nella sua peculiarità irripetibile, finisce per essere universale. La forza di Club Domani mi sembra la capacità di saper raccontare un mondo, la notte di Milano, evocando suggestioni che parlano apertamente a chi frequenta la notte. Il Plastic è uno di quei luoghi che testimonia la felice proliferazione di narrazioni queer. È uno spazio della possibilità, guidato dalla qualità della ricerca estetica e musicale di Sergio ed Andrea.

Normalmente – dice Sergio – non so che canzone comincerò a suonare, non capisco nemmeno chi mi dice ‘preparo il djset per stasera’. Faccio quello che mi suggerisce l’umore del momento, che non è nemmeno quello che avevo al pomeriggio immediatamente precedente alla serata. Magari il sabato pomeriggio compro una canzone che mi piace tantissimo e via la metto la sera stessa, senza pensarci troppo, perché mi va, perché sento che sia la cosa giusta da fare. Non è lo studio che si prepara prima, ma la reazione della gente che decreta la buona riuscita della festa.

In 23 anni che faccio il DJ ho capito che bisogna sempre avere un occhio alla pista. Vedo tanti DJ che si ostinano a proporre solo quello che piace loro, senza tenere in considerazione la gente. Io ho la fortuna di proporre quello che mi piace, senza dover cedere nulla. Anche quando lavoro fuori dal Plastic, chi mi chiama sa che farò quello che mi piace. Bisogna tenere conto dell’entusiasmo e dell’affetto della gente, preservando la propria libertà nella scelta dei pezzi. In discoteca è fondamentale che il DJ proponga roba nuova, non ci deve essere solo quello che si sente in radio. Anzi, ti dirò, la musica che passavo al Bordello, adesso mi sembra sia diventata quasi mainstream, mentre all’epoca nessuno aveva il coraggio di proporla. Ripescare della musica di cui nessuno si ricordava più, riproporla, anche quello è un compito del DJ.”.

“Anche io – aggiunge Andrea – non ho mai preparato nulla, ogni settimana m’impegno in una ricerca musicale diversa per proporre roba nuova. Certo, essendo resident, è nell’ordine delle cose che nel corso delle settimane ci siano dei pezzi che si sedimentano nel mio discorso musicale, rimanendo nel set per molte serate. Adesso, lavorando con le chiavette è poi più semplice, ma considera che prima coi CD avevo due borse dove mi portavo dietro praticamente tutta la musica che ho suonato da quando ho cominciato a fare il DJ.

Il pubblico del Plastic è un pubblico molto ricettivo, ad esempio: spesso vedo che la gente ha le playlist Plastic con la musica shazammata a Club Domani. Va bene far divertire la gente, è il nostro mestiere, ma bisogna proporre qualcosa e mi piace sapere che proponiamo una nostra qualità unica nella selezione musicale avanzata sabato dopo sabato. Mi piace pensare di portare avanti un discorso di ‘educazione del pubblico’, senza voler imporre niente a nessuno”.

Il sogno del sabato sera

Non sono tanto le numerose e abituali frequentazioni celebri, e nemmeno il trovarsi nella città più europea ed internazionale d’Italia, a decretare la rilevanza del Plastic nel panorama internazionale, quanto i contenuti proposti dal locale. Dalle notti condotte da Nicola Guiducci in consolle; passando per l’epopea del Bordello, che ha sdoganato una vague musicale che va da Marcella Bella a Dalida, e messo davanti agli occhi di migliaia e migliaia di persone nel corso della sua storia, una performer come La Stryxia, tra i capofila di un modo nuovo di stare dentro un club; fino ad arrivare a Club Domani ed alla sua gente: “La fortuna del Plastic è il suo pubblico, avere persone che vedono in noi quello che noi vediamo in loro. Quando vedo la pista piena, la gente che viene, mi sento infinitamente grato, quelle persone rendono quel sogno possibile e mi sembra che loro dicano lo stesso a me ‘Grazie a voi possiamo vivere il sogno del sabato sera’. È uno scambio di energie” dice Sergio.

Il Plastic viene percepito da fuori, dalle altre città italiane, come un laboratorio di sperimentazione estetica e culturale, come un condensatore di forze creative, un luogo d’incontro privilegiato nelle notti di una città, Milano, che è un’incubatrice di talenti ed un punto d’arrivo per generazioni di artisti, sognatori, ragazzi e ragazze pieni di speranze e talento. Se penso al Plastic ed alle sue notti, non posso che pensare a chi quell’atmosfera libera e folle la anima, mi vengono in mente artisti come Stephanie Glitter, La Persia, Sissy Galore, Lilly Love, Wilhelmina Bush, Simòn Cuz ecc. Una vetrina illuminata dalle foto che Giovanni Montuori scatta per Club Domani.

Dall’apertura ad oggi il Plastic è stato casa di almeno tre o forse quattro generazioni di performer, nate e sviluppatesi in seno al fermento culturale di una città, che esprime l’avanguardia estetica del paese, che è cuore e centro di un’elaborazione in tema di queer culture, con la quale bisogna confrontarsi.

“Tutti quelli che vedi al Plastic – dice Sergio – tutti quelli che lavorano al Plastic, li ho conosciuti al Plastic. Che ci lavorino o meno, sono loro l’anima del locale, noi gli diamo dei muri, ma quelli che li riempiono sono loro. Il Plastic è un nucleo di aggregazione spontaneo. Non è diverso da come vorrei che fosse, ma nemmeno posso dire di aver mai fatto niente perché fosse esattamente com’è. È tutto molto spontaneo a livello estetico”.

“Da fuori – aggiunge Andrea – si vede solo una parte del microcosmo presente dentro al Plastic, oltre a quello che arriva poi fuori dalle feste, dentro c’è ogni sera un pubblico bellissimo, interessantissimo. Noi cerchiamo di dargli le condizioni adatte per esprimersi al meglio, per sentirsi liberi di essere ciò che sono. Sappiamo solo cosa ci piace e cosa non ci piace. È una questione di sensazioni. Le cose non sentite, non spontanee, si avvertono come artefatte e non funzionano.

Parlando con Nicola Guiducci riflettevo sul fatto che abbiamo sempre e solo fatto quello che ci piaceva e che sentivamo di voler fare, sin dalla fondazione del Plastic. Che poi questo nostro sentimento di pancia fosse la cosa giusta, nel posto giusto, per far venir fuori Club Domani ed il suo pubblico, questa è una grande fortuna per noi”.

Dalla musica al costume

Molte discoteche sono dei centri di elaborazione culturale trasversale: dalla musica al costume. Sono degli spazi sociali in cui si concentrano e mettono in atto teorie sui corpi e sui desideri. Le discoteche danno spazio ad un’enorme varietà di rappresentazioni dell’identità di genere, ponendosi come luoghi delle possibilità di ripensamento, riposizionamento della persona. Spazio ed identità queer non possono essere separati, la discoteca è uno spazio della possibilità, del desiderio, della performatività della queerness: irrinunciabile. Si diventa punti di riferimento perché si mostra una qualità unica nella musica, nell’atmosfera, nelle intenzioni, una qualità dettata solo dai propri desideri e sentimenti, senza alcuna volontà impositiva. Si diventa trainanti essendo se stessi, questo ci suggerisce la storia del Plastic.

Le cose succedono a priori

“Una volta un mio amico mi ha detto ‘magari vengo al Plastic per farmi un drink ed andare via presto ma poi ogni sabato succede qualcosa e arrivo a chiusura e la domenica mi dico che ho vissuto una serata pazzesca!’” racconta Sergio. Succedono cose veramente pazzesche al Plastic: “Magari arrivano Syria e Pier Paolo Peroni o Skin a mettere un po’ di musica. O ti giri e ti trovi di fianco a Baz Luhrmann. Ricordo una serata con Bob Sinclair che ha suonato al locale, in cui mi divertii tantissimo. Ma non è che i personaggi facciano la serata. Le cose succedono sempre, a priori” ricorda Andrea.

I DJ, ancor più i resident di un party, sviluppano una sensibilità particolare rispetto alle cose che accadono in serata. Notano piccolissime variazioni di suono, impercettibili ai più, che vanno migliorate perché dissonanti o ripetute perché efficaci; mettono gli occhi sui personaggi, celebri o no, non è importante, che conferiscono al tempo del party un ritmo più vivace; cercano così di comprendere come avviare una serata verso un percorso evolutivo felice.

“Mi manca il fatto di andare a lavorare al Plastic. Adesso stiamo provando a produrre, ma, nonostante il tempo libero, ho mollato il colpo!” dice Sergio. “Nemmeno io son riuscito a combinare niente oggi” conclude Andrea. Il momento è difficile e la concentrazione viene meno: torneranno i prati. Sergio e Andrea, come Club Domani, hanno rilasciato nel corso degli anni, un pugno di tracce bellissime: Dance For Money, You Be (con Jerry Bouthier e Cristina Bugatty, poi ripresa con MYSS KETA), Blush Beat (forse uno dei pezzi prodotti nell’ambito dell’electro e della disco iconograficamente più importante degli ultimi anni, con Emmanuelle e Stephanie Glitter), oltre a numerosi remix, particolarmente interessante quello di Elektrikon di Owen Ni e Grim Avenue.

La loro musica è una macchina morbida composta di un richiamo a certa house newyorkese, dai vocal che sanno di soul, che però si posa anche su suoni da sintetizzatore anni ’80, come su kick ripetuti molto tondi, ricorda i lavori di Pardon Moi, Damon Jee.

Club Domani vive di due momenti amalgamati, una prima parte gestita da Andrea Ratti, cui segue il djset di Sergio Tavelli. “C’è una linea di gusto che prescinde i generi anzi un DJ sensato prescinde dai generi musicali. È una questione di sentimento, se il djset ha un senso per il DJ, spesso la pista segue. Personalmente, se sento tre pezzi dello stesso genere di fila quando vado a ballare mi annoio, così cerco di variare tantissimo. Ingabbiarsi è limitante.

Ogni divergenza è vista come matta, mentre per noi è parte integrante della nostra filosofia” dice Andrea. Fare della differenza un valore, della contaminazione un punto focale di ricerca, dell’apertura e dell’inclusività la radice della fioritura di una stagione di feste memorabili, questo sono le immagini, da matte, che rappresentano la straordinaria bellezza di Club Domani.

Nota OFF

Ho avuto la fortuna di lavorare una sera con Andrea Ratti, che ha attaccato il suo set con Hallelujah di Kevin McKay & David Penn, due cose mi hanno colpito osservandolo. Andrea tiene il tempo col tacco dello stivaletto nero lucido (che credo indossi di norma quando suona) in maniera costante, come fosse una macchina morbida, questo conferisce una sinuosità al suo intero muoversi in consolle, che mi pare si possa considerare come lo strisciare anfibio di una borsa di pelle di coccodrillo rossa vintage Prada, gettata sul letto al rientro da un primo appuntamento; quando ho lavorato con Andrea, era presente anche Stephanie Glitter, il suo modo di gettare al cielo le braccia bianchissime e lunghissime cercando la spalla complice di Andrea con la nuca, rappresenta una delle iconografie che testimoniano meglio cosa sia il clubbing oggi e che forse può servire a restituire cosa sia: Milano, il Plastic, Club Domani.

Foto in apertura di Lorenzo Fanfani

Leave a Reply