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Sotto il vestito, l’asterisco. Perché si fa odiare

Quanto era bello l’asterisco ai tempi delle puntualizzazioni, quando ci ricordava con una nota a piè di pagina la precisazione da tenere in considerazione. Adesso l’asterisco spopola a difesa del genere: contro il maschile indifferenziato, una forma di rispetto anti-sessista secondo la Treccani.
Il dibattito non è nuovo, da un paio di anni è facile intercettare articoli quali:
Di recente su un tema molto più ampio sono intervenuti diversi intellettuali tra i quali J.K. Rowling, Margaret Atwood, Noam Chomsky, Salman Rushdie, Ian Buruma e Anne Applebaum contro le censure del politicamente corretto.
A parlarne è anche Pierluigi Battista in un articolo pubblicato sul Corsera nel quale diffusamente si ripercorrono gli ostacoli che ad oggi vivono le statue di Colombo e Churchill per rimanere erette, oppure quanto siano vicine ad un secondo rogo uncinato il Tito Andronico di Shakespeare, Lolita di Nabokov o il Grande Gatsby di Fitzgerald.
Tornando all’asterisco, mannaggia all’italiano, ma purtroppo non ha ereditato il comodo neutro dal genitore Latino; la parità e l’uguaglianza di genere scritta nero su bianco dobbiamo dunque conquistarla attraverso escamotage come, ad esempio, l’asterisco.
Ma quella dell’asterisco (o altre puttanate simili) non deve essere una scelta obbligata; la sensibilità di ciascun redattore deve essere lasciata libera di esprimersi secondo il proprio parametro e gusto estetico (la lingua è anche questo) passando per buona anche l’ipotesi di mandare a fanculo l’asterisco e senza offese per nessuno.
Nella mia classifica top dei termini super fastidiosi, ben oltre l’asterisco (che personalmente amo, i.e. asterisco Pride Palermo che mi ha tenuto per un anno compagnia sul mio quaderno, vedi foto), includo:
1. Avvocata
2. Sindaca
Se questo è l’andazzo, allora auspico che si introduca ben presto Piloto, almeno per esorcizzare la mia paura al volo in ragione dell’ingiustificato, atavico e  sessista proverbio di donna al volante pericolo costante. Per dire una suprema banalità, penso che sia più gratificante sentirsi dire brava piuttosto che sindaca o avvocata (mamma mia che torciglioni alla panza).
La lingua si sa, segue il suo corso, e può essere tagliente e offensiva solo quando volutamente la si usa come arma e, nel caso del bullismo, può e sa uccidere. Nell’incedere della quotidiana e dannata vita di un redattore o di un burocrate, evitiamo loro l’ulteriore accanimento del politicamente corretto, facendoli grondare di terrore per ogni termine usato in uno scritto. Badiamo, invece, al moralismo di sostanza, quello concreto che nei fatti esplica i maggiori risultati in termini di parità di genere.
Domandiamoci allora perché non abbiamo mai avuto una donna premier*.

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