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Concerti estivi, il noir spagnolo contro il fantasy italiano

Italia e Spagna sono due nazioni europee con simili conseguenze nel dramma pandemico COVID-19.

Mentre l’Italia ha registrato ad oggi un numero di decessi superiore (29.501 rispetto ai 25.613 spagnoli), la Spagna ci supera leggermente invece sul totale dei casi accertati positivi (219.319 contro i nostri 213.013).

In questo scenario, nella penisola siamo entrati dal 4 maggio nella “Fase 2“, allentando le misure restrittive di isolamento e con parziale riapertura delle attività economiche, aspettando di capire cosa avverrà nei prossimi mesi perché per alcuni settori, – come quello degli spettacoli di ogni genere – il riserbo è il più assoluto e le (poche) interviste rilasciate dal ministro Franceschini sono a metà strada tra una guida TV on demand e la settimana enigmistica.

Qualcuno, come i soldati sottratti all’inedia e costretti a scavare buche per poi riempirle, prova a tirare fuori dal cilindro idee per questo agosto, tipo Arena di Verona con capienza limitata a 3 mila persone e con palco, platea, orchestra e coro reinventati per consentire il distanziamento sociale.

Se non è fantasy, è già qualcosa.

Ma, dicevamo, mentre a Roma si sta in silenzio, a Sagunto, a proposito di live show,  si danno da fare con un piano di uscita dal lockdown spiegato qualche giorno fa in un articolo pubblicato su NME.

È un piano timido, senza risvolti eclatanti, con la “Fase 1” (a partire dall’11 maggio) che consentirà eventi culturali con un massimo di 30 persone su locali che hanno capacità di 90 o più persone.

Al pari, saranno consentiti eventi su spazi aperti con tolleranza fino a 200 persone, ma col rispetto di regole di distanziamento sociale e posti a sedere.

Dal 25 maggio la capienza per i concerti indoor verrà elevata a 50 persone, sempre col rispetto del limite di un terzo della capienza del locale, mentre gli eventi all’aperto – ma solo con pubblico seduto – potranno ospitare fino a 400 persone assicurando le distanze di sicurezza.

Dall’8 giugno, infine, night club e bar apriranno col rispetto del limite di un terzo della loro usuale capienza. Queste regole, in qualche misura, permettono al settore di ripartire, lasciando a ciascuno la valutazione se sia il caso o meno di farlo.

Discutendo l’opzione spagnola mi è stato fatto notare:

  • non è una scelta opportuna poiché nessuno ha gli strumenti per valutare i possibili sviluppi della pandemia, neanche un qualche comitato scientifico;
  • gli eventi, con quella capienza, rischierebbero di diventare una roba d’élite;
  • che facciamo con i locali che fanno musica dance o metal?
    meglio puntare su azioni di sostegno, in attesa di certezze scientifiche che garantiscano il vero ritorno alla normalità.

Tutto giusto e condivisibile.

Dall’altro lato, a supporto della road map spagnola si potrebbe argomentare:

  • è un primo passo per riattivare il settore al pari di altri che hanno ripreso lentamente il proprio cammino verso la normalità;
  • chi inizia con questo tipo di eventi potrebbe dare spunti per correzioni normative o di opportunità nascenti dalla prova sul campo;
  • la casistica dei concerti\eventi praticamente deserti e con gente immobile a distanziamento sociale abbondava anche in passato.

Tutte queste considerazioni, però, rimangono confinate nel limbo delle mere ipotesi perché, appunto, in Italia a differenza di molti Stati europei, ad oggi, il silenzio regna sovrano e non ci spiacerebbe finalmente occupare il tempo con scenari concreti anziché elucubrare storie fantasy nell’impossibile sforzo di superare in bravura Joe Abercrombie e soci.

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