Avant-propos
Questa seconda fase di Nightclubbing rinasce nella necessità di tenere stretta al mio petto, al mio corpo, quantomeno la narrazione, la memoria, l’idealizzazione, la fantasia, l’inattualità, del clubbing. Alle tumultuazioni quotidiane della cronaca dei nostri giorni vorrei opporre un contrasto: le nostre notti.
In questa seconda fase, primariamente ma non esclusivamente, mi concentrerò sul capovolgere il punto di vista presentato in precedenza. Piuttosto che chiacchierare con chi gestisce, guida, orienta, i club e la notte, spesso cercherò di scoprire chi realmente anima le feste: il pubblico. Il mio piatto votivo, satura lanx, è una selezione di persone che ritengo interessanti, il tutto, chiaramente, come una sentenza che è anche ermeneutica del soggetto, uno studio arbitrario di storie individuali.
Una spada d’oro guarda in faccia il sole
aah
fiori di pero che passano attraverso la superficie di
una stella!
in una regione dell’Asia
percorsa dal vento
l’anima diventa una ruota, corre sopra le nuvole
ciò che voglio
è non vedere più
diventare sole e mela
non assomigliare
ma diventare seno di donna, sole, mela, carta, penna,
inchiostro, sogno!
potrei anche diventare un ritmo straordinario
questa notte, tu
saresti in grado di prendere la tua auto sportiva
metterti di fronte a una stella cadente e
farne un tatuaggio sul viso, tu!
Bruciare, Gōzō Yoshimasu (1970)
***
Le nostre città sono comunemente strette da cinture suburbane di villaggi residenziali la cui vita deborda in filate di villette modeste, edilizia di preteso e proteso buon gusto, strade dai nomi gai (Via delle Rose; Via degli Oleandri, etc.), vespai di mattoni e cemento armato pitturato di brava vernice italiana, allungate appena oltre le lingue roventi di malandate autostrade.
Uno dopo l’altro, questi giardini timorati di mutui accesi al prezzo di sanguinosi risparmi, esprimono quel gusto medio composto di fast shopping e del romance a buon mercato di C’è posta per te. Figlie e figli non della lupa o della Vergine, ma della Clerici e di Milly Carlucci. In questo marasma oceanico, in questa solfatara di illusioni perdute, di mollettoni di plastica rosa del mercato rionale, sorge inaspettatamente, clamorosamente, un trono, gli equivoci dell’anima lo chiamerebbero un giardino di ciliegi sempiterno, magnificat in fiore, a Ladytron, abitato da una venere barocca, vestita solo di una giacca di lamé verde smeraldo, rubata ad un tour dei Roxy Music a Bryan Ferry, cui è appuntato uno scarabeo d’argento rischiarato da un cristallo blu. Quest’icona, cui sono devoto, è Alba, faro di stile, giardino all’italiana, le sue labbra una collina normanna.
Allontanata la poetica del quotidiano di Marta dai seni pesanti di Lugano Addio, rivolgo lo sguardo alle prime luci di Alba Billeci, il Sacro Graal del clubbing palermitano, parte del più assoluto cerchio magico delle frequentazioni delle discoteche della città, bottone vistoso di uno Shearling gettato con noncuranza al guardaroba dei cuori infranti degli ultimi dieci anni della notte cittadina.
Caterina da Siena e Virginia Woolf hanno voluto una stanza tutta per sé, ad Alba è stata offerta: “Ho cominciato ad andare in discoteca con mio fratello ed i suoi amici, prima nell’hinterland palermitano e poi a Palermo. Ero giovanissima, vivendo in un paesino appena fuori dal centro abitato, per me mettere piede in città, entrare in un locale, all’inizio chiaramente, era qualcosa di molto emozionante”. L’Egitto è un dono del Nilo, Alba è un dono del gota dei clubber palermitani, un concentrato di gusto, finissima decadenza e leggera imperturbabilità nei confronti dell’orrore quotidiano dei nostri giorni. Per le brutture del giorno la notte non è una sposa, ma una libera amante, dalle cui cosce suggere, raschiandolo con una lama affilata, un miele denso di movimenti del corpo, di libertà eterea. “Quando ho cominciato ad andare discoteca ricordo che la musica che andava era quella house acida sdoganata da Diabolika. Crescendo, frequentando le feste, mi sono trasformata, anzi forse mi sono ritrovata, ho smesso gli occhialoni rosa rettangolari e gli abiti banali da liceale, per celebrare un atteggiamento da super vamp. All’inizio andavo sopratutto ai party gay, su tutti I love Tuesday. Andavo a ballare il venerdì ed il sabato saltavo scuola e per questo facevo scalpore, oggi fa un po’ ridere a pensarci. Di quei primi anni un party indimenticabile fu sicuramente quello al Bier Garten con le Karma B, che mi fecero anche scoprire ed interessare al mondo drag”.
Tutte le storie delle nostre città hanno delle stazioni comuni nella linea che porta oro, incenso e cipria alla cappella consacrata all’estetica irrinunciabile di Amanda Lepore: “Il One Shot prima, con Marco Agnello e Federico Diliberto Paulsen allo Zsa Zsa Mon Amour, e poi il ThePopShock! di Marco Agnello sempre e Marco Basciano ai Candelai, sono stati i punti di svolta e di arrivo della mia vita da clubber. Il One Shot fu l’inizio di tutto, erano anni folli, ricordo questo party chiamato Olimpo, che fu una cosa oltre, il tempo di preparazione della festa fu infinito e meticolosissimo, addirittura facemmo un video-promo, entrai a far parte della famiglia che si prendeva cura del party. E poi, col PopShock, tutto divenne un vero e proprio lavoro, cominciò forse allora la vera Albamania. Da persona timida che ero e che sono ancora, specialmente di giorno, la notte cominciai ad esplodere, le feste mi hanno cresciuto, svezzato”.
There’s a starman waiting in the sky / He’s told us not to blow it / ‘Cause he knows it’s all worthwhile / He told me / Let the children lose it / Let the children use it/ Let all the children boogie, le feste non solo ci crescono, ma, un po’ come nel finale del Suspiria di Guadagnino, come nella Nascita della tragedia di Nietzsche, ci insegnano ad esondare dal controllo costante che esercitiamo per essere composti e sentirci così adeguati, ci separano dalla normalità che troppo spesso ci auto-imponiamo, dalla differente ripetizione dei nostri giorni, facendo tracimare un’umanità vissuta senza essere pensata, una forza, un fuoco, che sono furore e mistero che vive dentro di noi quietamente. Le feste ci consegnano ad uno spazio persona che non è mediato dalle norme sociali, dal tempo degli orologi.
“Andare alle feste, specialmente poi i primi anni, per me significava pensare il mio outfit, magari anche in base al tema della festa, al taglio della festa stessa, per l’intera settimana. Cominciavo a prepararmi quando andava male alle 16.00, per mettere piede fuori casa alle 23.00. La festa mi dava modo di avere uno spazio dove essere ciò che volevo, dove essere percepita esattamente come volevo, con tutte le sfumature del caso. Era anche una questione di attitudine una volta sul posto: arrivata al locale, normalmente, la prima cosa che faccio, è dirigermi al bar, prendo da bere e comincio a guardarmi attorno. Poi mi butto, scatta qualcosa in me, mi sento dentro un videoclip da reginetta del pop, porto in scena una coreografia e ballo, ballo a più non posso. Così nascono le cose più speciali, ci sono dei momenti, che per anni sono stati i miei momenti: per esempio, dato il mio amore incondizionato per Beyoncé, quando facevo il Popshock e Bash suonava Crazy in Love, lì ero io davvero”.
Le icone della notte non restano mai appese al muro, ma cercano nuovi occhi da bruciare, altre anime da turbare: “Una delle serate più memorabili della mia vita fu un House of Bordello al Plastic. Ero a Milano per il concerto di Lady Gaga e così andai dopo alla festa. La gente era fantastica, il posto esprimeva tutto ciò che mi sembrava bello in quel momento, la musica mi piaceva tantissimo. Poi, una volta che tornai a Milano, ricordo che andai anche ad una festa altrettanto bella che si faceva il venerdì, sempre al Plastic, il Brenda Identity, c’era questa selezione super interessante, molto pop anni ’90, con tantissime chicche. Milano mi ha sempre offerto la possibilità di incontrare persone e luoghi che mi hanno influenzato. Delle tante cose fatte fuori Palermo. non posso dimenticare una serata meravigliosa al Kit Kat a Berlino, raramente mi sono divertita così tanto, pensare che all’inizio non volevo nemmeno andarci! E poi anche l’Arena a Barcellona ed il Trumps di Lisbona, dove trovai Pop University, una festa che avevano dedicato interamente a Madonna, stava passando il tour di Madame X in quel momento in città”.
C’è un momento in cui è necessario rinunciare allo verosimiglianza, alla lucidità, per offrirsi alla notte: “Ci sono state serate in cui non so come sono riuscita a tornare a casa, però anche queste fasi ci rappresentano. Ora che quel periodo di follie è alle mie spalle, provo una certa nostalgia, in particolare per il fatto che le persone che fanno le feste diventano una vera e propria famiglia. Resta impressa nella mia mente l’aria fantastica che tirava in camerino, prima dei PopShock, mentre si preparava una performer assoluta come la Villalobos, un’aria di chiacchiera, di allegra follia”. Un’allegra follia di cui resta oggi il fumo di un battello ebbro arenato alla foce del Rodano.
Tante storie vivono negli occhi di chi si guarda attorno e balla in un club, tante vite scorrono tra le dita di chi stringe un bicchiere, tanti intrecci culminano con un bacio che corona una notte, con uno sguardo che si perde su per le scale che portano ad una balconata buia, dove poi, appoggiati spalle al muro, lasciare che la percezione si faccia azione e trovi un momento di felicità dischiusa in un’alba crepuscolare.
Nota Off:
Appollaiato in consolle, tutto ciò che mi scorre attorno è acqua fresca. Vedere Alba mettere piede sul floor, significa assistere al miracolo della trasformazione dell’acqua in vodka Beluga. Questa Grace Jones che fende l’aria noncurante, questa bocca che è l’origine del mondo, l’inquietudine vertiginosa e la rarefazione dei pensieri degli astanti, Alba Billeci è un’icona di stile, una grazia antica ed eletta, il cameo di una zarina. La sua casa è la discoteca, vita e destino di una Regina della Notte, Astrifiammante.