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Nightclubbing #4 – I Candelai, Elogio della Follia

By maggio 2, 2020 No Comments

Per varcare la soglia de I Candelai bisogna ritrovarsi davanti al cancelletto verde di una palazzina, tutto sommato anonima, del centro storico di Palermo. L’ingresso è illuminato da una piccola lanterna, retaggio degli anni ’90, quasi da birreria bavarese. Una volta dentro viene però da esclamare: “Totò, ho l’impressione che non siamo più nel Kansas”. Chi entra nel locale è accolto da un salone gigantesco, arredato in stile anni ’50, con una balconata che sembra urlare “Malena!”.

Molti pensano che il locale sia stato una casa di tolleranza: “Non so dirti se fosse un bordello, un po’ ne ha le sembianze, quello che posso affermare è che ci troviamo in mezzo a viuzze, via del Celso, via Colomba, dove si dice ci fossero rinomati casini. Ritengo che il locale fosse un negozio di mobili, chic per i tempi, se è stato anche un bordello prima non saprei”, dice Fabio, uno dei soci storici del locale.

Un periodo di nuove energie

Candelai, siete bordello e fortunatamente non donna di provincia! “Il locale – spiega Massimo, socio dei Candelai sin dalla fondazione – fu fondato come associazione culturale, da un gruppo di amici, che a metà anni ’90 aveva già una trentina d’anni, un po’ d’esperienze alle spalle e tanta voglia di mettersi in gioco. Era una Palermo diversa, eravamo in piena riscoperta del centro storico, era un periodo di nuove energie, scaturite anche in risposta alla stagione nera delle stragi di mafia, vivevamo la cosiddetta primavera di Palermo, le grandi discoteche del passato non erano riuscite ad aggiornarsi e andavano venendo giù, una dopo l’altra. Via dei Candelai, nel 1995, era un luogo inospitale, c’erano cumuli d’immondizia ovunque, non c’era l’illuminazione. I locali erano tutti decentrati sulle periferie. Per noi, entrare in centro storico era un’operazione anche sociale. L’idea, che ha animato il locale, sin da subito è stata quella d’essere un centro polivalente che potesse ospitare teatro, concerti, clubbing, e tutte quelle iniziative culturalmente rilevanti che avevano bisogno d’uno spazio attrezzato, professionale, con delle competenze. Io fui chiamato a far parte del progetto per occuparmi di musica con la mia compagna del tempo, Saza, che invece si adoperava nell’ambito del teatro. Una volta che ebbi accettato, feci il nome di Fabio, un mio caro amico, architetto, che in quel momento lavorava in Sardegna”. Fabio e Massimo fanno parte della storia del locale sin dal primo giorno.

Massimo alto alto, con gli occhi buoni, con la compagna Marina è parte del paesaggio umano del locale, non manca mai di regalare a chi gli sta attorno una battuta che porti in alto gli animi. Gentilezza e disponibilità sono parte della sua radice umana, ben piantata a terra. Non manca una notte al locale in cui posando lo sguardo su Massimo e Marina non li si veda stretti in un abbraccio, tra un bacio ed una carezza.

Fabio conosce ogni singolo mattone, chiodo, centimetro quadrato di vernice stesa sul locale, sa esattamente dove si trova tutto, come tutto funziona, ha pensato lo spazio del locale, lo ha ridisegnato, finanche riprogettato nella recente ristrutturazione. Fabio è la chiave che apre ogni porta di via dei Candelai 65. Fabio è paterno, è una buona giacca di sartoria che il locale metterà sempre, sa esattamente come cingere la vita di ciò che passa dentro il locale, senza stringere, ma accompagnando tutto con la disciplina necessaria che viene dai suoi 25 splendidi anni di clubbing.

Via dei Candelai, che c’ha indicato la strada

Palermo è una città strana. Quartieroni di palazzi senza passato ospitano la memoria storica e popolare della città, mentre i dedali antichi del centro storico gentrificato danno spazio ad una generazione caustica di “sciacqualattughe artistoidi”. Poi, ci sono alcune magnifiche eccezioni. Via dei Candelai, che taglia in due i quartieri Capo e Guilla, i reni alcolizzati del centro storico. Via dei Candelai è un rivolo d’ambrosia seminale che sgorga da dietro il culo della Cattedrale, scendendo a mare da piazza Sett’Angeli, accarezzando le cosce intirizzite della città fino alla via vecchia dell’orrore nuovo, chiamato streetfood, via Maqueda. Una volta passeggiata e primadonna, poi discarica e sfacelo, oggi fast-food e fast-fashion, chiesa da visitare a due euro e cinquanta, lorda di cartacce di patatine e turistame in frenesia: metà eresia, metà vuoto pneumatico.

Di una via Maqueda ripresa, ristrutturata, innalzata come un’ostia dal sacerdozio comunale, l’unica traversa abbandonata a se stessa, l’unica traversa senza fama di osteria 2000, l’unica via lasciata all’espletazione dei bisogni popolari è via dei Candelai. Via dei Candelai: vomitata, pisciata, cacata, cantata, accarezzata, raschiata, baciata, scopata, imboccata, inzuppata, crocifissa e capovolta. Il sangue di via dei Candelai ferita è il sangue di Palermo lacerata e inchiodata. Sangue che scorre e che la pioggia non lava.

Via dei Candelai, Prometeo nostro. Via dei Candelai che c’ha donato il fuoco sacro, lavabo dei nostri istinti più folli e necessari, mai peccati, con un pugno di locali storici, stretti a coorte civica e comunitaria. Via dei Candelai che c’ha indicato la strada, riscaldandoci di musiche, di danze, mentre noi, il popolo, la città l’abbiamo consegnata alla sorte infausta d’essere ostaggio della sua stessa vocazione. Palermo inclusiva e crocevia di culture s’è fatta rinchiudere nel cerchio del piatto delle offerte dei franchising. Palermo ceduta. Pochissimi resistono, molti arretrano. Di un nugolo di bar e discoteche che animavano via dei Candelai, resta solo al civico 65: I Candelai.

Quella, sputando bava, e roteando,
torcendo le pupille, e dissennata,
era invasa dal Nume, e non l’udiva;
ma con la manca un braccio gli afferrò,
e, il pie’ puntando sopra il fianco al misero,
l’omero gli strappò: non di sua forza,
ma nelle mani un Dio vigor le infuse.
Dall’altro lato, a sbranargli le carni
Ino s’adoperava, e Autònoe e tutte
le Baccanti: era un ululo confuso,
ei gemendo finché trasse il respiro,
e l’altre alzavan grida di vittoria.
(Le Baccanti di Euripide)

Entrare dentro I Candelai è un’esperienza

Se Baida è una libera repubblica, come dice un graffito ricorrente sui muri del centro storico, che celebra la piccola frazione di Palermo che domina libera la conca dove si estende la città, via dei Candelai è una monarchia illuminata, la cui sala del trono sono I Candelai. Dal 1995, un gruppo di Baccanti dilania, settimana dopo settimana, il corpo matto di chi ha bisogno di rimuovere il cancro borghese della birretta in piazza, zero sensualità e dal retrogusto di Ovosodo, o dell’intrattenimento dei locali patacca senz’anima, senz’arte e con tanta parte in questo nostro presente, martire di anime belle. Dostoevskij in furia. Entrare dentro I Candelai è un’esperienza, non un bivacco.

Dalla terra che hanno lavorato Fabio e Massimo sono germogliati, in questi primi 25 anni, fiori notturni bellissimi. “Io e Massimo siamo accomunati da una grande passione per la musica, ci conoscevamo sin da ragazzi, andavamo spesso a comprare dei dischi assieme. Negli anni ’80 avevo cominciato ad organizzare delle feste con Maurilio Prestia (storico organizzatore di feste e concerti), feste dove si suonava post-punk, new wave. Erano eventi frequentati da una Palermo alternativa.

Poi, nei primi anni ’90, laureatomi in architettura, cominciai a lavorare per una ditta, occupandomi di progettazione di grandi spazi turistici adibiti ad eventi. Teatri, arene, ma anche bar, palchi, sale da ballo. Stavo lavorando in Sardegna quando Massimo mi chiese se ero disponibile ad unirmi al progetto di aprire un’associazione culturale su via dei Candelai. Creammo un luogo polifunzionale, c’era una ludoteca, un palco per il teatro, spazi per mostre. Si faceva di tutto. Gli obiettivi principali erano tre, e vennero fuori da una riunione dei soci molto chiassosa e divertente: primo, cercare di proporre musica inedita quanto più possibile e sopratutto far sentire bene la musica, avere un palco, azzerare i livelli di improvvisazione. All’epoca i locali ospitavano quasi solo cover band e noi volevamo dare voce alla scena musicale italiana che stava rinascendo.

Secondo, il locale non doveva puzzare di patate fritte! Sembra sciocco, ma all’epoca qualsiasi locale puzzava di frittura e ci sembrava assurdo. Terzo, bisognava bere bene. Progettai un bancone bar gigantesco, mi adoperai per rifornirlo, come faccio tutt’ora, di una bottiglieria sensata, con molte chicche. Negli anni ’90 le discoteche preparavano dei caraffoni di vodka lemon, di rum e cola, di quant’altro, te li buttavano nel bicchiere così, senza troppi complimenti. Ai Candelai volevamo che si bevesse alla grande, così arruolammo anche un capo barman, che ci seguì poi per vent’anni, Antonio, fiorentino, che divenne famoso in città per la competenza e per gli ottimi cocktail. Questo era lo spirito dei Candelai sin da principio, un gruppo di ragazzi con tanta voglia di fare”.

I Candelai sono difficili da descrivere. Si tratta di uno spazio che ha permesso e incoraggiato la libera espressione artistica di generazioni di musicisti, attori, creativi di tutti i generi, sono la casa accogliente di una famiglia senza imposizioni, legata solo dall’affetto e dalla volontà di essere quanto più possibile se stessi. Forse la definizione più calzante è quella di comune artistico-culturale. Il locale assolve alla funzione, necessaria alla collettività, di permettere la fruizione di concerti, feste, spettacoli, eventi culturali, che, troppo spesso, il settore pubblico non solo dimentica, ma decide deliberatamente di ignorare, per molte ragioni. Ragioni politiche e di opportunità.

Ele, I Bustinto Bros., Aldo, Nino, Daniele, Peppe, Fiorello, Rob, Gigi, Giacomo e tutte le persone che girano nei camerini dei Candelai, nei lunghi corridoi e nei saloni del locale, sono persone che possiedono qualcosa di umanamente irripetibile. I Candelai sono vene rampicanti: accolgono, abbracciano, riempiono.

Mura che rapiscono, concentrano energie, esplodono

“Il locale ha sempre vissuto d’un eclettismo difficile da raccontare. Dall’attenzione al teatro alle rassegne di musica jazz e d’avanguardia, fino a cose come il caffè concerto o ‘Col Vesuvio nelle vene’, evento col meglio della musica partenopea del tempo, da Maria Nazionale a Stefania Lay. Non siamo mai stati una discoteca e basta. In 25 anni abbiamo cullato tante generazioni, abbiamo visto di tutto e cercato di accogliere quei flussi culturali che ci sembravano in linea con lo spirito del locale. Cerchiamo di dare fiducia ai prodotti con una forte personalità affine alla nostra. E poi sono le persone che affollano il locale, che ti stimolano ad andare sempre più avanti”, spiega Fabio.

I Candelai sono un porto sicuro in cui crescere ed imparare un mestiere, sono un’opportunità per chiunque ci metta piede di arricchimento e sviluppo. Nella loro follia totale, nella loro totale frenesia, nei loro ritmi talvolta lentissimi, talaltra supersonici, I Candelai possono essere New York o una vicaria da Beati Paoli, sono quel posto che walks the beat of his own drama, viaggiano su una realtà surreale, sono un luogo assurdo e folle. Si può restare sconcertati dalle atmosfere del locale, le mura dei Candelai sono mura che rapiscono, che concentrano energie, che esplodono.

“Il locale l’abbiamo letteralmente costruito con le nostre mani – dice ancora Fabio – fu un periodo molto intenso. Quando aprimmo i battenti, nel 1995, cominciammo subito ad andare fortissimo. Eravamo pieni dal martedì alla domenica. Cominciammo specialmente col teatro e coi concerti. Senza dimenticare la club house il venerdì ed il sabato. Siamo un centro polivalente”.

Tra gli altri, negli anni sono saliti sul palco dei Candelai: Elliot Sharp, Alvin Curran, Tom Verlaine, Irio de Paola, Ravi Coltrane, Ralph Towner, Jonathan Ritchman, Paolo Fresu, Francesco Cafiso, Ianos Asur, Giovanni Sollima, Z-Star, Kaki King, El Guapo, Damo Suzuki, Embryo, David Thomas, Ulan Bator, Motel Connection, Magoni & Spinetti, Malfunk, Skiantos, Calibro 35, Brunori SAS, Le Loup Garou, Montefiori Cocktail, Bandabardo’, Le Luci della Centrale Elettrica, Diaframma, Radiodervish, Le Vibrazioni, Frankie Hi- Nrg, Tony Esposito, Luca Madonia, Daniele Sepe, Vinicio Capossela, Bologna Violenta, Mario Venuti, Cristina Donà, Cosmo, Marlene Kuntz, Subsonica, Afterhours, Dente, Immanuel Casto, 99 Posse, Roy Paci, Nada, Modena City Ramblers, Enzo Randisi, Gianni Gebbia, Lelio Giannetto, Omosumo, The Waines, Dasvidania, Iotatòla, Dimartino, Fabrizio Cammarata, Nicolò Carnesi, Shorty, Willie Peyote, La Rappresentante di Lista, Swingrovers, Mark Lanegan, Eugenio in Via di Gioia, Dente, Fast Animals & Slow Kids, Canova, Ghemon, Giorgio Poi, MYSS KETA, Young Signorino, Andrea Ratti e Stephanie Glitter, Nicola Conte, Alessio Bertallot, Marco Fullone, Fabio de Luca, Alberto Campo, Daniele Silvestrin, Bruno Bolla, David Rodigan, Claudio Coccoluto, Shantell, nell’ambito del teatro la Compagnia Melisma (Salerno), il Teatro di Fuori (Catania), la Compagnia Babbaluck (Napoli), Francois Chat (Parigi), Emma Scialfa (Catania), Sayoko Onischi (Giappone), Cinzia Scordia (Catania), la Compagnia DWA DansWerkplaats (Amsterdam) ed il Fortebraccio Teatro (Roma). I Candelai hanno ospitato negli anni numerosi eventi del Palermo Pride e feste come ThePopshock! e Party Nudo.

La struttura del locale è progettata con un’attenzione architettonica che ne fa un tempio alla Gaudì, guidato da forze che amplificano ed evolvono tutte le cose che mettono piede sul palco dei Candelai. “Due anni fa I Candelai si sono riorganizzati associando nuove, giovani energie. Come soci storici abbiamo la consapevolezza che un giorno lasceremo il campo ai nuovi arrivati nell’interesse di un luogo che non è un semplice locale, ma un pezzo di storia di questa città e che come tutta la storia va utilizzata e, se possibile, migliorata, senza essere poi mai dimenticata” dice Fabio.

La storia del locale elogia la follia che lotta contro ogni circostanza, che mette nelle vene, nei bicchieri, benzina per bruciare la santità pretesa di giorno dall’anima in un fuoco celeste che si chiama notte, concerto, party, teatro, messinscena. “Non poter concepire un mondo senza limiti, non poter immaginare l’infinito, è questa la nostra infermità di fondo”, disse Ionesco. Ecco I Candelai sono quel sogno lucido senza fine, senza riposo, senz’altro che una ferma volontà di respirare vita.

Nota Off:

La prima volta che ho lavorato a I Candelai, la prima volta che Party Nudo ha trovato una casa, appena arrivato al locale mi ha accolto Ele, che mi ha mostrato i camerini.

Ero arrivato per primo ed ero da solo.

Abbiamo percorso insieme i lunghissimi corridoi dei Candelai, e, all’ultima stanza, Eleonora ha esclamato con naturalezza suadente: “Qui c’è il camerino”. Fu tutto parecchio inaspettato. Il camerino del locale è una stanza gigantesca, più grande del mio appartamento quando vivevo in Francia. La sommità della stanza è decorata da bizzarre pitture simil rupestri, un incubo di Keith Haring. C’è uno specchio enorme, tanti divani, un frigobar fornito, il bollitore con l’occorrente per tè e tisane, un’enorme tavola rotonda col centro cavo. Oggetti bizzarri come: vecchie chitarre e vecchi dischi, libri, un Super Santos, carte, penne, strani oggetti di scena, furore e mistero. Dopo essere stato rincuorato da Eleonora sul fatto che sì, davvero avevo a disposizione tutto questo – io, povero stronzo qualunque – sono stato lasciato da solo e allora ho notato sul tavolo una pila di asciugamani puliti e stirati (molto utili dopo qualunque show!). Li ho presi in mano, li ho accarezzati e odorati. Ho notato che erano tutti diversi, una pila di asciugamani spaiati, con piccoli orli casalinghi. Questo mi pare siano I Candelai, la capacità di restituire energia a ciò che sembrava inerte, accarezzandolo, amandolo, dando una casa ed una famiglia a chi si è sempre pensato, sbagliando, eternamente solo ed in difetto.

Questo è il valore di un club: dare la possibilità alle persone di essere felici insieme.

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